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(it) Italy, UCADI #197 - OSSERVATORIO POLITICO (ca, de, en, pt, tr)[traduzione automatica]

Date Thu, 3 Jul 2025 09:01:06 +0300


Germania: Merz, l'anatroccolo zoppo ---- Il nuovo governo tedesco parte con il piede sbagliato: Presentatosi al voto davanti al Bundestag per ricevere la fiducia non riesce a raggiungere la maggioranza. Occorre qualche ora per domare i franchi tiratori evidentemente annidati all'interno della Cdu per ottenere la sospirata fiducia. È la prima volta che succede nella Germania democratica. Mentre il nuovo governo nasce nel paese, annunciano i sondaggi Allianz full Deutscheland diventa il primo partito. Il governo nasce all'insegna del riarmo della Germania e di un gigantesco piano di investimenti fatti a debito, dopo la forzatura della costituzione al Parlamento scaduto, nella prospettiva di rilanciare l'economia tedesca palesemente in recessione. Mentre le prospettive di rilancio dell'economia, anche ricorrendo al riarmo appaiono più che problematiche, quel che è certo è il progressivo deteriorarsi della situazione politica interna e la crescita dell'estrema destra. Ad accentuare l'instabilità della situazione politica e poi il fatto che una quota rilevante della sinistra è fuori dalle istituzioni, perché non rappresentata in Parlamento a causa della legge elettorale. Ma c'è di più: nella gran parte dei lander della Germania orientale AfD è indispensabile per la formazione dei governi locali e molti appartenenti alla Cdu ritengono necessario far cadere il divieto di collaborazione, pur rendendosi conto che ciò significherebbe aprire una falla al divieto di collaborazione. La situazione è complicata dall'indagine dei servizi segreti sull'AfD che ne denuncia le attività eversive dell'ordine costituzionale.
Alla luce di questi elementi è logico prevedere per la Germania un forte periodo di instabilità, tanto più che le contraddizioni non potranno che crescere a causa del coinvolgimento del paese nel sostegno alla guerra d'Ucraina che è il fattore di impopolarità che ha falcidiato i voti della SPD e rischia di erodere il consenso anche della Cdu-CSU, a causa dell'opposizione di una parte dell'elettorato democristiano al bellicismo della coalizione di governo che oggi governa il paese.

Canada vince l'antitrump

Il liberale Mark Carney ex governatore della banca del Canada e della Banca d'Inghilterra ha ottenuto una storica vittoria nelle elezioni legislative anticipate del 28 aprile sovvertendo il ritorno al potere del Partito conservatore. Il suo successo viene dall'impegno a resistere alla guerra commerciale lanciata da Donald Trump al "tradimento" degli Stati Uniti. La minaccia di dazi doganali e minacce di annessione, ha cambiato le carte in tavola.
Carney ha saputo convincere gli elettori di essere la persona giusta per guidare il paese in questi tempi difficili. Il premier nuovo premier si è impegnato a mantenere i dazi sui prodotti statunitensi finché Trump continuerà la sua offensiva commerciale, ma anche a sviluppare il commercio interno eliminando le barriere tra le province, oltre a cercare nuovi sbocchi all'estero, in particolare in Europa con la quale vuole rafforzare i legami.

Gran Bretagna: amministrative vince Reform

Le prime lezioni suppletive svoltesi nel Regno unito dopo il successo elettorale dei laburisti hanno visto l'affermazione dei fascisti guidati da Nigel Farage che a fatica erano stati tenuti fuori dal Parlamento grazie ad una legge elettorale che sacrifica i partiti minori, Il patito di Farage conquista sempre più consensi: lo dimostrano i risultati delle elezioni suppletive a Runcorn e Helsby, nel nord-ovest dell'Inghilterra, dove per soli sei voti ha vinto la candidata di Reform Sarah Pochin, e quelli delle elezioni locali, che mettevano in palio 1.641 seggi in 23 consigli locali non metropolitani e sei posti da sindaco. Reform, da zero ha conquistato oltre 660 seggi sul totale dei seggi dei consigli, spuntando la maggioranza assoluta e conseguendo il controllo d'una decina e di due sindaci delle sei aree urbane messe ai voti. Ora Reform governa il municipio di Greater Lincolnshire, ex roccaforte dei Conservatori, dove vive più di un milione di persone, con Andrea Jenkyns, ex deputata Tory ed ex sottosegretaria all'Istruzione nel governo di Boris Johnson passata allo schieramento di Farage. L'altro candidato di Farage è l'ex campione olimpionico di boxe Luke Campbell, divenuto sindaco a Hull and East nello Yorkshire. Si dirà che al momento è poca cosa ma quando è avvenuto suona come una campana a morto per i Conservatori e un campanello d'allarme per il governo di Starmer che paga il prezzo dei suoi intrellazzi con la massoneria in campo internazionale, il suo appiattimento sulle politiche sia interne che essere dei conservatori, il tradimento completo del suo programma di governo con il cedimento al centro e alla destra nel paese. Ciò che pesa e poi l'appoggio incondizionato alla guerra d'Ucraina.

Albania: Rama IV

3,7 milioni di elettori sono stati chiamati alle urne in Albania per eleggere i 140 membri del Parlamento.
Come era prevedibile la percentuale dei votanti è ulteriormente calata, posto che ben due milioni sono gli albanesi della diaspora che per la prima volta sono stati chiamati a partecipare al voto. Tuttavia presso le ambasciate si sono registrati presso la Commissione elettorale centrale (Kqz) e hanno votato per corrispondenza solo 245.935. Hanno partecipato al voto 40 partiti con una legge elettorale proporzionale. Secondo le osservazioni di organizzazioni internazionali, tra cui l'OSCE, le elezioni sono state generalmente ben organizzate e competitive, anche se sono state segnalate preoccupazioni relative all'uso improprio delle risorse pubbliche e al clima polarizzato creato dai principali partiti.
Il Partito Socialista guidato dal Primo Ministro Edi Rama ha ottenuto il 52,3% dei voti e ha conquistato 83 seggi su 140 nel Parlamento, superando quindi la soglia per la maggioranza assoluta, che è di 71 seggi. Ciò significa che il Partito Socialista potrà governare senza la necessità di formare coalizioni. Questa vittoria rappresenta un incremento rispetto alle elezioni del 2021, quando il partito aveva ottenuto il 48,7% dei voti e 74 seggi. Il principale partito di opposizione, il Partito Democratico guidato da Sali Berisha, ha raccolto il 33,8% dei voti, ottenendo 50 seggi. L'affluenza alle urne è stata del 46,54%, leggermente inferiore rispetto alle precedenti elezioni. Oggi Rama può approvare le riforme che possono consentire l'ingresso nell'Unione europea. questo sempre che nuovi ostacoli non vengano frapposti per fare attendere ancora il paese di fronte alla priorità tutta politica del rovinoso ingresso dell'Ucraina.

Anche se il paese conta di ricevere benefici dall'adesione all'Ue la sua crescita economica risulta rallentata dalla carenza di investimenti, Il solo settore in forte crescita è il turismo che beneficia della non adesione del paese all'euro. In queste condizioni l'emigrazione rimane la sola risorsa degli albanesi e irrisolta sul piano internazionale la questione del Kosovo come quella della componente albanese della popolazione della Nord Macedonia. Solo grandi investimenti nel settore turistico nel bacino del lago di Horid potrebbero fare da volano allo sviluppo dell'area.
Una parte dell'élite albanese preferisce invece continuare a flertare con la Turchia, come dimostra l'affitto ai turchi della base di Porto Palermo, prospiciente le coste italiane, scelta preoccupante per l'Italia che ha interessi contrastanti a quelli turchi in Libia.
Al momento Roma cerca di consolidare la propria presenza nel paese offrendo come spot elettorale per Rama la partenza del Giro d'Italia dall'Albania e cercando di promuovere alleanze regionali come il recente trattato di collaborazione tra Albania
Kosovo e Croazia.

India - Pakistan: Kashmir conteso

Innescata da un gruppo terroristico pakistano è esplosa l'ennesima guerra per il controllo del Kashmir, territorio a nord dell'india e del Pakistan, conteso fra i due Stati, dal quale hanno origine i tre fiumi Indo, Gange, Bramaputra e la gran parte dei loro affluenti che alimentano e rendono possibile la vita del sub continente indiano.
La regione del Kashmir costituisce un territorio conteso fin dalla spartizione dei territori dell'impero britannico che comprendeva non solo il Pakistan e l'India, ma anche la Birmania. Dopo la divisione tre India e Pakistan il Kashmir rimase un territorio indipendente governato da un maraja indiano, anche se abitato da una popolazione prevalentemente musulmana. Sul territorio si esercitavano di fatto il controllo di ambedue i paesi, anche se una vera divisione del territorio non è stata mai possibile per l'intersecarsi delle vie di comunicazione e l'impossibilità di tracciare precisi confini. D'altra parte il confine fra i due paesi venne tracciato da Lord Mountbatten, governatore delle Indie, sulla carta, alla maniera dei colonizzatori, lasciando in eredità i conflitti agli Stati postcoloniali. L'importanza della regione è strategica perché nel suo territorio hanno origine, come si è detto, i grandi fiumi che rendono possibile la vita nei territori (le regioni meridionali del Pakistan sono molto aride). Recentemente l'India, che di fatto ha assunto il controllo del Kashmir, ha messo in atto il controllo delle dighe e dei fiumi che alimentano quelli principali, privando il Pakistan del libero accesso alle acque che sono indispensabili per rendere possibile la vita nel paese, in violazione degli accordi sottoscritti.
L'azione di guerriglia da sempre presente nel Kashmir è alimentata dal Sis, il potente servizio segreto pakistano, e a seguito dell'ultimo attentato in ordine di tempo i due paesi hanno proceduto ad uno scontro di confine. Il conflitto coinvolge non solo i due paesi ma anche i rispettivi alleati, tenendo conto del fatto che il principale alleato dell'India e la Russia, ma a fornire le armi al paese e anche la Francia ,mentre a sostenere il Pakistan è la Cina, la quale non solo arma il paese con propri sistemi difensivi, ma è titolare di massicci investimenti, in particolare nel campo delle estrazioni minerarie e delle infrastrutture, poiché mira a mantenere agibile un corridoio di comunicazione fra le province interne della Cina e il porto di Karaci, percorrendo con le proprie merci per il lungo l'intero paese e accorciando notevolmente le proprie rotte commerciali dallo Xinjiang verso l'oceano indiano.
I governi dei due paesi hanno ambedue posizioni nazionaliste e Modi, il leader indiano che conduce una politica di discriminazione verso la componente islamica della popolazione indiana, che ammorta a circa 200 milioni, ha bisogno di ribadire pubblicamente la propria fermezza per affermare la supremazia indù anche all'interno del paese. Il Pakistan, da parte sua, ha tutto l'interesse a dimostrare di difendere l'identità islamica delle popolazioni. Tutto ciò fa sì che lo scontro tra i due paesi si caratterizzi per una feroce propaganda da ambedue le parti di carattere ideologico, finalizzata a alimentare odio e risentimento tra le popolazioni, malgrado la reticenza dei due popoli a percorrere la strada del conflitto.
Nella contesa si è inserita come mediatrice la diplomazia statunitense, vogliosa di rompere i rapporti tra i paesi Brics e desiderosa di sabotare le relazioni di Russia e Cina con i rispettivi partner. Trattandosi di uno scontro tra due potenze nucleari il conflitto è stato rigorosamente tenuto dalle parti nell'ambito di uno scambio di rappresaglie, utilizzando aerei e droni. Al momento grazie all'intervento di mediazione di Russia e Cina il conflitto fra le parti sembra contenuto anche se c'è da dire che i combattimenti svoltisi hanno dimostrato sul campo la superiorità dei sistemi d'arma cinesi forniti al Pakistan.

Romania: i volenterosi si salvano per il rotto della cuffia

I quattro leader decotti di Inghilterra, Francia, Germania, Polonia sono riusciti a mettere in atto in Romania quello che potremmo definire un colpo di Stato istituzionale inducendo le autorità statali rumene ad annullare la prima tornata elettorale, indicendo nuove elezioni politiche. L'obiettivo era quello di arginare le richieste pressanti dell'opinione pubblica contraria alla guerra che, pur di perseguire questo obiettivo, si era detta disposta a votare per l'estrema destra sovranista che prometteva la cessazione del sostegno degli aiuti all'Ucraina e di porre un argine all'invadenza dei profughi ucraini nel paese.[1]
Al primo turno del nuovo voto il 40,9% degli elettori si era turato il naso votando George Simion, candidato di estrema destra xenofoba, filo-fascista, razzista. Al secondo turno l'affluenza alle urne è stata in deciso aumento e si è recato al voto il 65% degli aventi diritto, oltre 10 punti percentuali in più rispetto al 53% del primo turno. La crescita della partecipazione ha senza dubbio favorito il recupero di Dan che ha raccolto il 54,3% delle preferenze contro il 45,6% del leader dell'ultradestra George Simion. Simion in tarda serata ha riconosciuto la sconfitta.

I problemi rimangono

Anche se a Bruxelles si tira un sospiro di sollievo i problemi posti dall'elettorato rumeno rimangono tutti. I giovani rumeni sono terrorizzati all'idea del riarmo del paese e di fronte alla prospettiva di essere chiamati alle armi per andare a difendere l'Ucraina; I contadini sono stanchi e stufi della concorrenza che gli agricoltori ucraini fanno ai loro prodotti, vendendo la loro produzione in Romania senza pagare le tasse e sfruttando la differenza di cambio della moneta; gli abitanti delle campagne e delle città sono stanchi di vedere i profittatori di guerra ucraini scorrazzare per il paese a spendere e espandere i profitti intascati. commerciando falsi attestati di invalidità per evitare il richiamo alle armi, gozzovigliando nei locali e negli alberghi di lusso rumeni.
Molti di loro hanno dimostrato che sono disposti a subire di tutto, ad accettare la gestione più retriva dei rapporti sociali pur di non morire e di arginare anche appena un poco le disuguaglianze introdotte da una legislazione di favore verso i rifugiati ucraini che elargisce bonus di sostegno alimentare, per l'affitto delle case, per il sostentamento dei figli, ai profughi ucraini quando le famiglie più povere dei rumeni sono lasciate a se stesse nella povertà e costrette ad emigrare, a veder partire mamme e sorelle come badanti pur di racimolare quel minimo di risorse che permettano loro di vivere. Il voto dei rumeni a favore dell'estrema destra costituisce comunque un grido di dolore, è il frutto della disperazione di fronte all'ingiustizia e alla povertà, è il frutto della paura della guerra da parte di chi non ha altro che la vita da difendere, per miserabile che sia!
In un clima di rinato nazionalismo le notizie proveniente dall'Ucraina sulla repressione della minoranza rumena, sul reclutamento forzato dei giovani spediti al fronte a combattere una guerra non loro, continueranno a costituire una spina nel fianco per la politica del nuovo residente della Repubblica, alimentando il disagio crescente nel paese e particolarmente vivo nella diaspora rumena che ha partecipato numerosa al voto e che da ora in poi intende pesare nella vita politica del paese.

Portogallo: vince la destra

In questo fatidico 18 maggio si è votato anche in Portogallo, per rinnovare l'Assemblea della Repubblica, il Parlamento monocamerale portoghese, composto da 230 membri. Occorrono almeno 116 seggi per garantirsi la maggioranza. Il Portogallo utilizza un sistema di rappresentanza proporzionale, il che significa che affinché un partito ottenga la maggioranza parlamentare deve ottenere almeno il 42% dei voti, perché scatti il premio di maggioranza: una soglia che attualmente nessuno dei due partiti principali riesce a raggiungere. Sullo sfondo resta dunque uno scenario di nuova e persistente relativa ingovernabilità. Il Paese è caratterizzato da tempo da una grande instabilità politica. Con i suoi 10,8 milioni di abitanti il Portogallo ha avuto negli ultimi anni una serie di governi di minoranza. I due partiti che tradizionalmente si contendono il potere, quello Socialdemocratico di centrodestra e i Socialisti di centro - sinistra hanno progressivamente perso voti a favore dei partiti minori in crescita, e tra questi soprattutto a vantaggio del partito di desta xenofobo Chega. Tornati al voto dopo 14 mesi i portoghesi hanno premiato.
Alleanza democratica, la coalizione principale in Parlamento, con il 32%, tre punti in più rispetto al voto di marzo 2024. I socialisti crollano dal 28% al 23, registrando il peggior risultato dalla fine degli anni Ottanta. Chega (Basta!), sfonda il tetto del 20%, e guadagna cinque punti e, attestandosi al 22,5, pochi decimali sotto il Psu.
Le elezioni erano state indette perché il governo di centrodestra di Luis Montenegro era crollato a causa di un voto di fiducia venuto a mancare ma nel paese serpeggia un malcontento generale a causa della situazione economica del paese indotta anche dalla crisi energetica.
Il paese ha bisogno di uscire dall'incertezza politica di fronte al fatto che sta per investire oltre 22 milioni di euro in fondi di sviluppo provenienti dall'Unione europea e manca un programma di governo e una guida sicura perché questo sforzo giunga a buon fine e risollevi la disastrata economia portoghese.
Come si è visto questa instabilità politica favorisce l'ascesa di Chega. Al centro della crisi c'è la corruzione della classe politica e gli scandali connessi agli interessi privati del presidente del Consiglio. che avrebbe mantenuto la titolarità del suo studio di avvocato, continuando a fare affari con la pubblica amministrazione ed è stato perciò costretto a dare le dimissioni. Evidentemente la politica portoghese non ha ancora superato, come quella statunitense, il tabù del conflitto di interessi e perciò non consente che il presidente del Consiglio persegua interessi privati nello svolgimento degli incarichi pubblici e giunge fino al punto di provocare una crisi di governo, andando a nuove elezioni.
Il presidente della Repubblica, Rebelo da Sousa, aprirà immediate consultazioni per formare il nuovo governo; l'Alleanza dispone di 86 seggi, una trentina in meno dei 116 necessari per la maggioranza. Montenegro ha promesso che non si alleerà con Chega ma per formare il governo è necessaria quanto meno l'astensione dei socialisti. La crisi politica del Portogallo è tutt'altro che risolta.

Polonia: vince la destra

Il 18 maggio si è votato per il primo turno delle elezioni in Polonia. 11 i partiti che partecipano alla competizione elettorale, ma solo tre quelli sui quali è concentrata la maggioranza dei voti, tutti e tre di centrodestra. Platforma Obywatelska P.O. (Piattaforma civica), il partito guidato da Rafal Trzaskowski, sindaco liberale di Varsavia, vicino al premier Tusk, si contrappone a candidato indipendente di PiS, Karol Nawrocki e a Slawomir Mentzenun l'imprenditore di estrema destra sovranista.
In crisi la strategia dei volenterori. Il loro candidato Trzaskowski è pressoché alla pari nei consensi con Nawrocki e nel ballottaggio tutto dipenderà dalle alleanze e in particolare dal voto di chi ha sostenuto il candidato di destra Mentzenun.
Le elezioni si svolgono in un clima di incertezza politica ed economica e di divisione ma a prevalere sono i temi relativi alla politica interna. Lo scontro politico, che si arricchisce di risentimenti e polemiche personali tra i diversi leader è polarizzato. Da un lato, il blocco liberali rappresentato da P.O., su posizioni europeiste, al governo con il premier Donald Tusk. Dall'altro, il partito nazional-conservatore di destra Prawo i Sprawiedliwosc (Diritto e giustizia, PiS, di Jaroslaw Kaczynski), all'opposizione, del presidente uscente Andrzej Duda, che non ha potuto candidarsi dopo due mandati consecutivi.
Di fatto questa situazione immobilizza il paese poiché il presidente Duda esercita il diritto di veto sulla legge proposta al governo, bloccando l'azione riformatrice. Occorre ricordare inoltre che in Polonia il presidente della Repubblica ha poteri limitati ma il comandante in capo delle forze armate, guida alla politica estera, hai il diritto di
introdurre e porre il veto alle leggi e svolge quindi un forte potere condizionante dell'esecutivo.
Si vota con una legge elettorale che prevede l'utilizzazione di un sistema maggioritario a doppio turno: per essere eletti è necessaria la maggioranza assoluta delle preferenze (50% +1). Qualora ciò non avvenga, si procede con un secondo turno al quale partecipano i primi due candidati, entro due settimane; il ballottaggio è previsto il 1° giugno. Il vincitore resterà in carica per cinque anni, e potrà candidarsi per un secondo mandato. Il presidente eletto entrerà in carica davanti a una sessione congiunta della Camera bassa del parlamento (Sejm) e del Senato il 6 agosto.
Tra i candidati solo Trzaskowski si è detto favorevole all'adesione dell'Ucraina alla NATO, ma nello stesso tempo ha appoggiato la proposta di riduzione delle provvidenze di assistenza sociale create per i profughi ucraini in fuga dalla guerra (si parla di circa un milione di persone, che si aggiungono a un altro milione di persone ucraine stabilmente residenti in Polonia). Dichiarando di condividere le posizioni dei suoi oppositori che accusano la popolazione Ucraina di fare «turismo medico» in Polonia.
Anche se questo tentativo di cavalcare il risentimento verso gli ucraini e la guerra non è sfuggito alla propaganda elettorale occorre dire che lo scontro si è focalizzato sui temi di politica interna del paese registrando una svolta a destra del dibattito politico. Certamente il tema del contrasto alla migrazione ha costituito il fulcro della campagna elettorale di tutti i partiti anche se la questione dell'aborto è tornata centrale dopo le numerose proteste degli anni passati e il recente dibattito parlamentare sulla depenalizzazione. A riguardo Trzaskowski ha mantenuto il suo appoggio alla legalizzazione dell'aborto, ma ha fatto riferimento a questo tema meno che in passato, ridimensionando il suo sostegno alla comunità LGBT+, continua a sostenere la difesa dei diritti civili e fa conto sulla politica di riarmo del paese per rafforzare il suo consenso. Il PiS, da parte sua si oppone ferocemente all'aborto e appoggia una legislazione di sostegno alla famiglia e all'operato della Chiesa, criticando la laicizzazione delle istituzioni.
Il secondo turno delle elezioni ci dirà chi sarà il partito a prevalere.

[1]Vedi anche: Osservatorio politico, pubblicato il 2 Marzo 2025 da Ucadi in Numero 194 - Febbraio 2025, Newsletter, anno 2025; Colpo di stato alla rumena, pubblicato il 2 Gennaio 2025 da Ucadi in Newsletter, Numero 192 - Dicembre 2024, anno 2024;
Osservatorio Politico, Newsletter Crescita Politica n. 195, 2025.

La Redazione

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