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(it) Italy, FDCA, Cantiere #35 - Dal 25 Aprile al Primo Maggio (ca, de, en, pt, tr)[traduzione automatica]
Date
Thu, 3 Jul 2025 09:00:56 +0300
"Figli dell'officina o figli della terra, già l'ora s'avvicina della più
giusta guerra. ---- La guerra proletaria, guerra senza frontiere,
innalzeremo al vento bandiere rosse e nere". (Inno legato agli Arditi
del popolo. G. Raffaelli e G. Del Freo, 1921). ---- "Vieni o maggio
t'aspettan le genti, ti salutano i liberi cuori, dolce Pasqua dei
lavoratori, vieni e splendi alla gloria del sol" ---- (Inno del Primo
Maggio. Pietro Gori, 1910)
Il 25 aprile ed il 1° Maggio non sono soltanto due festività segnate sul
calendario, ma sono due fondamentali ricorrenze che un composito
schieramento politico e sociale ha sempre cercato di rimuovere dalla
memoria collettiva della nostra classe, oppure, nel migliore dei casi,
di "imbalsamare" in una vuota retorica. La resistenza al fascismo, che
iniziò con gli Arditi del popolo già prima della conquista del potere da
parte di Mussolini, con la partecipazione alla rivoluzione ed alla
guerra civile in Spagna, che passò attraverso i grandi scioperi nelle
fabbriche del marzo 1943 e quelli del marzo 1944, alla lotta partigiana
nelle città ed in montagna dove migliaia e migliaia di uomini e donne
lottarono e pagarono anche con la vita per un mondo migliore, deve
essere sempre ricordata non per guardare nostalgicamente al passato, ma
perché è essenziale conservare e tramandare la memoria, e non solo in
questo 80° anniversario del 25 aprile. Perché è importante conoscere da
dove si viene, per sapere chi siamo e dove andiamo.
Ma rievocare la Resistenza di allora non può risolversi in una
celebrazione istituzionale, completamente scissa dalle resistenze
attuali, e per questo vogliamo ricordare anche quella dei popoli
palestinese e curdo; quella contro le basi militari e il dilagare del
militarismo nella società; quella contro la produzione ed il commercio
delle armi, quella contro tutte le guerre dell'imperialismo. Vogliamo
ricordare la resistenza dei giovani che protestano contro l'inquinamento
e contro la precarietà lavorativa; delle donne in lotta per la difesa
dei loro diritti in una società maschilista e patriarcale; dei
lavoratori e delle lavoratrici che lottano contro i licenziamenti, per
un salario dignitoso, per la sicurezza nei luoghi di lavoro e per una
migliore qualità della vita; delle persone migranti che fuggono dalle
guerre e dalla miseria in cerca di un futuro migliore; quella di tutti
gli individui che si battono contro il risorgente fascismo, contro ogni
frontiera (perché "nostra patria è il mondo intero"), per una natura
ed una umanità liberata dallo sfruttamento capitalistico in tutte le sue
forme; contro il razzismo, la repressione; contro ogni oppressione
politica e statale. In ogni circostanza, viva la resistenza al capitalismo!
Così anche il Primo Maggio non può essere relegato ad una vuota
ricorrenza, una generica "festa del lavoro", ma è necessario ricordare
le sue origini autenticamente operaie e internazionaliste, per
recuperare e riproporre quei contenuti di unità, di speranza e di
emancipazione che hanno caratterizzato la storia del proletariato
mondiale. Non possiamo scordare che le origini e la storia del Primo
Maggio sono legate alla lotta per la conquista delle otto ore di lavoro
giornaliere, una lotta iniziata a partire dal 1866 nei paesi più
industrializzati d'Europa e negli Stati Uniti d'America. E venti anni
dopo, nel 1886, proprio a Chicago, durante le giornate di lotta iniziate
il 1° Maggio per la riduzione della giornata lavorativa, la polizia
sparò sui lavoratori davanti ad una fabbrica causando morti e feriti.
Successivamente fu messa in atto una provocazione, durante una
manifestazione di protesta contro l'eccidio, con gravi incidenti causati
dalla polizia e l'esplosione di una bomba; fatti questi che, grazie alle
dichiarazioni di falsi testimoni, portarono alla condanna a morte di
cinque dirigenti sindacali e la condanna di altri tre a molti anni di
galera. Questi sindacalisti, tutti anarchici, tutti lavoratori immigrati
(eccetto Albert Parsons che era nato in Usa), completamente innocenti
rispetto alle accuse precostituite mosse nei loro confronti, furono
impiccati l'11 novembre del 1887 nonostante le vaste proteste nel paese:
così vennero assassinati August Spies, Adolph Fischer, George Engel,
Albert Parsons, mentre Louis Lingg si suicidò in carcere prima
dell'esecuzione; Samuel Fielden, Oscar Neebe e Michael Schwab ebbero la
condanna commutata in molti anni di prigionia (1).
Ma le lotte per la riduzione dell'orario di lavoro, dopo un iniziale
sbandamento seguito ai fatti di Chicago ed alla conseguente repressione,
ripresero con maggior forza, e in uno storico congresso svoltosi a
Parigi nel 1889 fu decisa una giornata di protesta internazionale per il
1° Maggio dell'anno successivo in ricordo dei "Martiri di Chicago" e per
rivendicare le otto ore di lavoro.
Successivamente, grazie alle sempre più vaste mobilitazioni della classe
operaia, nei primi anni del '900 ci furono significative riduzioni
dell'orario di lavoro in diversi paesi, mentre la conquista delle otto
ore divenne generalizzata nell'industria europea tra il 1917 ed il 1919
anche per la spinta data al proletariato dalla rivoluzione russa. In
Italia le prime lavoratrici che riuscirono a conquistare le otto ore
furono le mondine di Vercelli nel 1906, mentre nel febbraio 1919 la Fiom
formalizzò con la Confederazione degli industriali l'accordo per la
riduzione dell'orario di lavoro ad otto ore giornaliere e 48
settimanali. Successivamente il regio decreto del marzo 1923 estenderà
l'orario di lavoro dei metallurgici della Fiom a tutte le categorie,
mentre nel secondo dopoguerra la riduzione dell'orario sarà lasciata
alla contrattazione collettiva che vide affermarsi le 44 ore settimanali
nei rinnovi contrattuali del 1962/63 e le 40 ore settimanali nel ciclo
di lotte del 1969/73 (tale orario fu poi stabilito anche con la legge
196 del 1997). Ma il padronato, dopo le lotte e le conquiste operaie del
dopoguerra, alla fine degli anni '70 iniziò una offensiva nei confronti
del lavoro salariato con l'obiettivo di aumentare i profitti, riducendo
sempre più l'occupazione ed aumentando di fatto i tempi di lavoro fino a
47/48 ore settimanali con il ricorso allo straordinario; tutto ciò
favorito dalla perdita del potere di acquisto dei salari a causa del
ricatto occupazionale, dalle ristrutturazioni produttive e dal
conseguente declino delle lotte. Ed oggi, con il ricatto della
delocalizzazione della produzione, con l'attacco allo Statuto dei
lavoratori ed ai contratti nazionali, sta aumentando l'orario di lavoro
con nuove forme di sfruttamento nelle fabbriche, nei servizi, nelle
campagne; un esempio emblematico, tra i tanti, è stato quello di alcune
piccole aziende di Prato dove i lavoratori immigrati, organizzati nel
sindacato Sudd Cobas, hanno dovuto portare avanti dure lotte, subendo
anche assalti squadristici, per poter fare applicare ciò che era già
disposto nei CCNL e nelle leggi sull'orario di lavoro.
In questa situazione il dibattito in Italia sulla riduzione dell'orario
ha seguito un percorso "carsico", apparendo periodicamente nei dibattiti
politici per poi uscire di scena, salvo poi ripresentarsi
successivamente; in campo sindacale è stato spesso richiamato sia nelle
piattaforme contrattuali che nei congressi, ma senza mai essere stato al
centro di una effettiva e generalizzata mobilitazione. Inoltre tale
obbiettivo viene visto dalla Cgil, dalla Cisl, dalla Uil, pur con i
dovuti distinguo, nell'ottica di una flessibilità nella modulazione
degli orari, nell'utilizzo dei turni di lavoro, peggio ancora nello
sviluppo del part-time, anziché con una riduzione "secca" dell'orario a
parità di paga. Ma con l'introduzione sempre più spinta di nuove
tecnologie, con l'affacciarsi dirompente di quella che va sotto il nome
di intelligenza artificiale, risulta sempre più urgente e necessario
riprendere la battaglia per una generalizzata riduzione dell'orario di
lavoro, con vertenze che vadano oltre i confini nazionali, per un
salario medio atto a contrastare il dumping sociale almeno all'interno
del vecchio continente. È necessario lottare con determinazione per
raggiungere l'obbiettivo di una drastica riduzione dell'orario di lavoro
e per forti aumenti salariali.
Per questo il Primo Maggio evidenzia ancora la sua grande attualità, per
poter raggiungere fondamentali obbiettivi immediati e proseguire verso
la liberazione di tutte le classi sfruttate ed oppresse. Ed allora, ieri
come oggi, come domani: Viva il Primo Maggio Internazionalista!
Nota
(1) Sei anni dopo l'esecuzione delle condanne il nuovo Governatore
dello Stato dell'Illinois, John Peter Altgeld, dopo avere esaminato le
carte processuali, annullerà le sentenze, grazierà i tre sopravvissuti e
bollerà con forza l'infame sentenza che aveva portato alla morte dei
cinque anarchici.
http://alternativalibertaria.fdca.it/
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