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(it) Italy, FAI, Umanita Nova #37-24: Specchio della società. Le violenze nel carcere di Trapani. (ca, de, en, pt, tr)[traduzione automatica]
Date
Wed, 15 Jan 2025 09:13:26 +0200
Lo scorso 20 novembre sono stati resi noti gli esiti di una complessa
indagine che ha interessato il carcere di Trapani e che ha portato
all'arresto di undici agenti della polizia penitenziaria e alla
sospensione dal servizio di altri quattordici secondini. Nel complesso,
ben quarantasei persone sono indagate a vario titolo per reati gravi
come tortura, abuso di autorità contro i detenuti, falso ideologico e
calunnia. ---- Le indagini presero il via nel 2021 a seguito delle
coraggiose denunce di alcuni detenuti, esasperati dal clima di vero e
proprio terrore che si era instaurato tra le mura del "Pietro Cerulli",
il carcere di Trapani che in città tutti conoscono, da sempre, come "San
Giuliano". L'attività investigativa, svolta dal nucleo della polizia
penitenziaria di Palermo, ha ricostruito le solite dinamiche aberranti
che caratterizzano la vita delle carceri italiane e che, di tanto in
tanto, vengono allo scoperto.
Cosa succedeva, dunque, a "San Giuliano"? Gli inquirenti hanno riferito
di un sistematico uso della violenza, fisica e psicologica, da parte
degli agenti della penitenziaria nei confronti dei detenuti: botte,
umiliazioni, abusi. Al centro dell'inchiesta la sezione Blu delle
carceri trapanesi, un reparto di isolamento inizialmente dedicato ai
carcerati con problematiche ed esigenze particolari (immigrati, soggetti
fragili o vulnerabili che necessitano di una sorveglianza speciale o che
devono essere separati dal resto della popolazione carceraria per
ragioni disciplinari o di sicurezza). Ma come nei peggiori esperimenti
psico-sociali, l'efferatezza e il sadismo degli aguzzini in divisa
sarebbero addirittura aumentati al cospetto di queste persone. Le
indagini - supportate da intercettazioni e da immagini - avrebbero
rivelato la presenza di una "squadretta", un gruppo di agenti incaricato
di reprimere i detenuti con metodi brutali e illegittimi: «Appena
succede qualcosa, saliamo nel reparto... li sminchiamo[li riempiamo di
botte, n.d.r.]» - avrebbe detto uno degli agenti intercettati,
riferendosi ai detenuti - e se i dottori parlano «sminchiamo anche loro».
Il procuratore della Repubblica di Trapani, Gabriele Paci, ha
espressamente parlato del carcere trapanese come di una «zona franca»
nella quale la violenza era una prassi. Questa violenza sarebbe stata la
soluzione adottata dai secondini per gestire le proteste sempre più
frequenti dei detenuti, stanchi di una situazione di cronica
invivibilità del penitenziario.
Nello specifico, tra le tante schifezze riferite dalle autorità, i
detenuti venivano picchiati con schiaffi, pugni, calci e talvolta
trascinati lungo i corridoi della sezione, spesso già immobilizzati e
incapaci di reagire.
In altri casi gli indagati avrebbero buttato acqua e piscio addosso ai
prigionieri, umiliandoli e deridendoli. Oppure è successo che i detenuti
stranieri venissero costretti a spogliarsi davanti agli agenti e ai loro
colleghi, tra risate e commenti offensivi sulle dimensioni dei genitali,
il tutto condito da prevedibili insulti razzisti. Non tutti i carcerieri
erano direttamente coinvolti negli abusi, ma è emerso che numerosi
agenti - pur presenti durante gli episodi di violenza - avrebbero omesso
di intervenire. Un clima di impunità e di cameratesca omertà rafforzato
da numerose relazioni di servizio nelle quali i detenuti sono stati
falsamente accusati di aggressioni o comportamenti violenti.
Come sempre avviene in questi casi, le (poche) reazioni da parte delle
istituzioni o delle forze politiche sono state tutte improntate allo
sdegno, da un lato, e alla doverosa necessità, dall'altro, di isolare le
"mele marce" che infangano la rispettabilità e il buon nome di tutto il
corpo di polizia penitenziaria.
Noi non sentiamo il dovere di essere garantisti nei confronti di
soggetti che operano attivamente all'interno di un'istituzione totale
come il carcere, e quindi non ci accoderemo al coro di chi difende a
ogni costo la necessità del carcere come uno strumento socialmente utile
per la "rieducazione" o il "reinserimento" in società di chi ha sbagliato.
Agli inquirenti, se vorranno o ne saranno capaci, spetterà il compito di
fare completa luce su quello che è successo nei corridoi e nelle celle
della sezione Blu di "San Giuliano". A noi spetta il compito di
analizzare da un punto di vista sociale e politico l'ennesima notizia di
cronaca in cui un carcere italiano si disvela come un luogo in cui si
consumano torture e abusi di ogni tipo.
La violenza all'interno dei penitenziari non è un fatto episodico ma
sistemico. I fatti di Trapani offrono uno spaccato brutale della
violenza sulla quale si fonda il carcere, qualunque carcere, come
istituzione concepita per dare corpo alla vendetta dello stato. La
violenza carceraria è speculare alla violenza che si consuma nella
società e non potrebbe essere altrimenti. La cultura gerarchica che sta
a fondamento della società gerarchica in cui viviamo non potrà mai
produrre un carcere "rieducativo" perché è una contraddizione in termini
del tutto irrisolvibile con gli strumenti del diritto così come lo
abbiamo sempre conosciuto. Se la legge cristallizza e dà forma ai
rapporti di forza violenti e gerarchici all'interno della società, la
sua estrinsecazione repressiva non potrà mai generare alcunché di buono
o di umano e, in maniera del tutto naturale, contribuirà a perpetuare
altra ingiustizia, altra violenza, altra sopraffazione.
Ecco perché siamo francamente stanchi di sentir parlare, ogni volta, di
poche "mele marce". Perché pur tenendo in considerazione che ogni
individuo, se vuole, può comportarsi decentemente anche in un ruolo
intrinsecamente repressivo, siamo altrettanto consapevoli di quanto sia
labile e angusto questo perimetro di autonomia e di coscienza in un
contesto disumano e disumanizzante come il carcere.
No, noi non salviamo la "parte buona" delle carceri e di chi ci lavora,
semplicemente perché non crediamo alla bontà del carcere. Notizie come
quelle provenienti da Trapani non ci sorprenderanno mai finché
esisteranno le carceri e finché violenza e conflitti saranno i prodotti
ineluttabili di una società fondata sulla disuguaglianza e sul dominio.
Alberto La Via
https://umanitanova.org/specchio-della-societa-le-violenze-nel-carcere-di-trapani/
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