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(it) Italy, FAI, Umanita Nova #18-25 - Lo spettro dell'astensione. Flussi e riflussi elettorali dal 2008 al 2022 (ca, de, en, pt, tr)[traduzione automatica]
Date
Tue, 22 Jul 2025 07:59:11 +0300
Codice Rosso, rivista on line, ha pubblicato una ricerca di McSilvan
dedicata all'analisi dei flussi elettorali dal 2008 al 2022 con
particolare riguardo alla classe operaia e ai percettori di redditi
bassi. Questa ricerca, nella misura in cui ci offre uno spaccato reale
dell'orientamento politico delle classi sfruttate e dei ceti popolari
dell'Italia di oggi, è una smentita della concezione, sostenuta dalle
correnti autoritarie del movimento operaio sulla scia degli insegnamenti
di Karl Marx e Frederich Engels, che lo sviluppo della grande industria
avrebbe spinto il proletariato a costituirsi prima come classe e poi a
dar vita ad una partito politico autonomo che, una volta conquistato il
suffragio elettorale e basandosi sul fatto che il proletariato
costituisce la classe più numerosa della società, avrebbe pian piano
conquistato il potere politico attraverso libere elezioni.
A prescindere da questa ricerca, l'esperienza storica ci insegna che la
partecipazione alle elezioni ha rappresentato una fonte di decadenza e
di divisione dei partiti che si richiamavano alla classe operaia e alle
concezioni di Marx ed Engels, fin dai primi anni della costituzione di
questi partiti e della loro partecipazione alle competizioni elettorali.
Oggi negli stati capitalistici più avanzati non esiste, come esisteva
nella Germania alla vigilia della Prima guerra mondiale (1914), un
partito che rappresenti la classe operaia o almeno gran parte di essa e
che sia vicino a conquistare il potere per mezzo delle elezioni. I
partiti vicino agli interessi della classe operaia sono ridotti a
percentuali da prefisso telefonico, mentre quelli più vicini a
conquistare il potere fanno propri gi interessi e le ideologie delle
classi privilegiate. Anzi, la loro maggiore o minore vicinanza al potere
è determinata da questa accettazione.
D'altra parte, le migrazioni hanno fatto sì che nei paesi sviluppati una
parte non trascurabile della classe operaia sia priva del diritto di
voto: questo ovviamente provoca una frattura che si ripercuote anche a
livello politico, non solo rendendo difficile per la componente non
nativa della classe operaia partecipare al percorso di formazione del
partito di classe, ma soprattutto perché sviluppa all'interno della
componente nativa l'illusione di godere di uno status privilegiato,
oltre a sviluppare comportamenti reazionari quando questo status si
dimostra inesistente. Una rinascita del movimento operaio come soggetto
politico, sociale e culturale non può quindi prescindere da una
ricomposizione dell'unità di classe fra queste due componenti divise dal
luogo di nascita e dalla cittadinanza riconosciuta dalla struttura di
dominio politico, lo stato.
Per quanto riguarda l'Italia in particolare, il fenomeno dell'astensione
ha raggiunto un livello tale che l'autore della ricerca definisce "un
sintomo preoccupante della crisi di rappresentanza democratica". Proprio
affrontando il tema dell'astensione, emergono tutti i limiti di
operazioni di questo tipo e, in fin dei conti, il loro carattere
ideologico: l'aumento dell'astensione tra il 2008 e il 2022 è stimato in
17 punti percentuali, cioè del 17 per cento, è raffrontato all'andamento
percentuale dei partiti. Solo che le percentuali dei partiti sono
calcolate sul numero di votanti, mentre quelle dell'astensione sono
calcolate sugli aventi diritto al voto; inoltre la percentuale andrebbe
calcolata sulla differenza dei numeri assoluti. Per spiegarmi meglio:
l'astensione passa da 9 milioni e 188 mila astenuti nel 2008 a 16
milioni e 646 mila nel 2022, con un aumento di 7 milioni e 458 mila di
astenuti. L'aumento percentuale è stato quindi dell'81,18%. Ci troviamo
quindi di fronte ad una costruzione ideologica che, da una parte, dà una
valutazione negativa dell'astensione, dall'altra manipola i dati in modo
da sminuirne l'impatto reale.
Anche la descrizione dei flussi elettorali pone problemi di coerenza con
i dati reali. Per comodità usiamo i dati forniti dal Ministero
dell'Interno per le elezioni della Camera dei deputati, relativi a tutta
Italia esclusa la Valle D'Aosta.
McSilvan sostiene che "Considerando la netta vittoria del PdL nel 2008 e
queste tendenze pregresse, è ragionevole stimare che i due principali
partiti per l'elettorato operaio a livello nazionale fossero": primo
partito Popolo della Libertà, secondo partito Partito Democratico. Si
tratta di due nuove formazioni: la prima nata dalla fusione tra Forza
Italia ed Alleanza Nazionale, il secondo dalla fusione delle formazioni
politiche riunite nella coalizione elettorale dell'Ulivo. Ebbene queste
formazioni hanno confermato sostanzialmente i voti ottenuti nel 2006
dalle organizzazioni da cui sono sorti, con questa differenza: il Popolo
della Libertà ha perso 126 mila voti, con una perdita dello 0,92%; il PD
ha guadagnato 164 mila voti, con una crescita dell'1,38%; gli astenuti
sono cresciuti di 1 milione e 468 mila unità, con un aumento percentuale
del 19,07%. Anche la coalizione di destra guidata da Silvio Berlusconi
ha perso, nel raffronto fra le due elezioni, un milione e 913 mila voti,
con una perdita percentuale del 10,08%. Considerando quindi che nel 2008
i dati reali dimostrano che il PdL ha perso voti, mentre il PD li ha
aumentati, è lecito supporre che il Partito Democratico non abbia perso
le tradizionali zone di influenza, e il Partito delle Libertà non le
abbia conquistate.
Anche per le elezioni del 2013 la ricerca di Codice Rosso utilizza delle
stime, elaborate dall'autore, che così commenta: "Le analisi dei flussi
mostrano come il M5S abbia attratto voti trasversalmente, pescando da
PD, Pdl e, in modo significativo, dall'astensione". In realtà, l'analisi
dei flussi elettorali dimostra una cosa diversa: i tre partiti più
votati nel 2008 (PD, PdL e Lega Nord) perdono complessivamente 11
milioni e 380 mila voti, che solo in parte sono intercettati dal
Movimento 5 Stelle, che si ferma a 8 milioni e 691 mila voti; un ottimo
risultato per una lista che si presenta per la prima volta. Gli astenuti
invece salgono di 3 milioni e 935 mila unità, raggiungendo la cifra
complessiva di 11 milioni e 634 mila, facendo dell'astensione il primo
partito. Quindi, anche ammettendo che ci siano stati flussi dall'area
dell'astensione verso il M5S, tali flussi sono stati compensati da
flussi in entrata ben superiori; flussi a cui ha dato un contributo
significativo il suicidio di Rifondazione Comunista. Da segnalare infine
il debutto di Fratelli d'Italia, che ottiene 666.765 voti, pari all'1,96
dei voti validi.
Per le elezioni politiche del 2018 vengono offerti alcuni dati, ma
ancora una volta ci si basa su stime. Viene citato il lavoro
dell'Istituto Cattaneo sui flussi elettorali, che viene così
sintetizzato: "La Lega emerge come un partito "pigliatutto", capace di
attrarre voti operai da diverse provenienze, inclusi ex elettori PD e
M5S, specialmente nelle regioni del Nord, confermando e ampliando la
tendenza già osservata nel 2006. Il M5S, pur perdendo voti verso la Lega
al Nord, rimane molto forte al Sud, dove intercetta il disagio sociale.
Il PD, invece, subisce pesanti perdite verso entrambi." È
un'affermazione azzardata, visto che il titolo dato dall'Istituto
Cattaneo è diverso: "Il Pd cede voti al M5s e a Leu nel Centro-nord, la
Lega attrae voti pentastellati al Sud, un M5s "pigliatutti"". Non c'è
nessun riferimento al voto operaio nel titolo dell'Istituto Cattaneo, ma
non c'è nemmeno nella ricerca. Parlando di Brescia, ad esempio,
tradizionale roccaforte della FIOM, l'Istituto si limita a dire che la
Lega si è rivelata particolarmente forte e attrattiva. Ancora una volta,
l'analisi dei voti assoluti ci può aiutare a comprendere le dinamiche di
lungo periodo. Se è vero che le liste della coalizione di destra
aumentano complessivamente i propri voti di 2 milioni e 228 mila, che
questo risultato è trainato dal successo della Lega Nord, che triplica i
voti del 2013, e di Fratelli d'Italia, che li raddoppia, e che questi
risultati compensano ampiamente il calo dei voti di Forza Italia (che
abbandona il nome di Popolo della Libertà) di circa un terzo; tuttavia i
voti della coalizione, con 12 milioni e 152 mila votanti, rimangono al
di sotto dei 17 milioni e 84 mila voti ottenuti nel 2008. Quindi, se nel
2008 non c'erano evidenze che le forze politiche di destra avessero
conquistato il voto operaio, questo si può assumere anche per il 2018,
in cui complessivamente le forze di destra rimangono al di sotto di tale
risultato.
Anche la valutazione delle elezioni del 2022 risente di una mancata
verifica dei dati reali. La "chiara vittoria della coalizione di centro
destra", se è confermata dal numero dei deputati eletti, lo è molto meno
dal numero dei voti ricevuti, che sono solo 152 mila in più rispetto al
2018. Se consideriamo le variazioni dei voti assoluti, vediamo che la
crescita di Fratelli d'Italia compensa appena il crollo di Forza Italia
e Lega Nord, che vedono dimezzato il proprio elettorato;
complessivamente la coalizione, anche nel 2022, rimane al di sotto del
risultato del 2008, dato che testimonia una certa sfiducia
dell'elettorato nella coalizione, anche a guida Meloni. Significativo il
dato dell'astensione, che raggiunge la cifra di 16 milioni e 608 mila
voti, con una crescita del 32%. Andrebbe capito perché questa svolta a
destra, che non emerge dal risultato complessivo, si verificherebbe nel
voto operaio. L'unica spiegazione possibile è che gli operai orientati a
destra, che comunque ci sono sempre stati, sono gli unici che continuano
a votare, mentre quelli con una maggiore coscienza di classe non vedono
rispecchiate le loro aspirazioni ad una maggiore solidarietà e giustizia
sociale da nessuna delle liste elettorali in competizione. Quindi la
"svolta a destra" operaia sarebbe frutto solo delle lenti distorte del
ricercatore, che lo renderebbero incapace di cogliere il valore politico
dell'astensione.
Un'altra riflessione merita il campione usato. La classe operaia del
settore manifatturiero è in certo qual modo l'erede dell'operaio massa
tanto caro alla scuola della composizione di classe. Oggi quella classe
operaia rappresenta un settore privilegiato, sia, come abbiamo accennato
all'inizio, nei confronti di quel pezzo della classe operaia che non
gode dei diritti politici di questo stato, sia nei confronti di quei
lavoratori dipendenti di fatto di questa stessa industria
manifatturiera, ma con contratti che non li rendono assimilabili ai
dipendenti diretti. Inoltre, il settore dell'industria manifatturiera
non comprende l'edilizia, i trasporti e la logistica, l'industria
petrolifera, tutto il settore primario. È comprensibile quindi che parte
di questa classe operaia si consideri privilegiata rispetto a chi
proviene da altri paesi e rispetto a chi ha un contratto meno garantito
e che, per mantenere questi privilegi, veda in queste lavoratrici e in
questi lavoratori un concorrente da cui difendersi, e si rivolga a chi
promette di difendere tutti i privilegi possibili e immaginabili.
Questa ricerca, comunque interessante, appare come un lavoro ad hoc per
sminuire il fenomeno dell'astensione dandone un'immagine distorta, e al
tempo stesso offrire suggerimenti a nuovi cartelli elettorali. Così
facendo però si perdono i due dati di fatto più importanti: che le
classi privilegiate trovano la loro espressione in un partito fascista,
che le classi sfruttate non hanno più fiducia nel metodo elettorale e
cercano un altro metodo più efficace, che non può essere altro che il
metodo dell'astensionismo, dell'autorganizzazione, dell'azione diretta,
il metodo anarchico.
Tiziano Antonelli
https://umanitanova.org/lo-spettro-dellastensione-flussi-e-riflussi-elettorali-dal-2008-al-2022/
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