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(it) Italy, FAI, Umanita Nova #18-25 - Spezzare la gabbia autoritaria, costruire pratiche di libertà (ca, de, en, pt, tr)[traduzione automatica]
Date
Sun, 20 Jul 2025 05:33:52 +0300
Alla fine, il cosiddetto decreto sicurezza è stato approvato. È il
momento di rovesciare la gabbia di paura che hanno costruito per provare
ad isolare chi lotta, per terrorizzare sfruttate e oppresse. Perché
questo è il senso dell'ennesimo atto autoritario del governo, stringere
le maglie della gabbia legale all'interno della quale è lecito
protestare, in modo che attuare forme di lotta efficaci e incisive sia
sempre più difficile. L'ampia mobilitazione degli ultimi mesi contro il
nuovo provvedimento è un importante segnale che mostra come stia
maturando una opposizione chiara alle politiche repressive che in questo
paese sono applicate da 15 anni a forza di decreti. È da questa base che
bisogna partire per spazzare via la paura, difendere i movimenti,
rovesciare la cappa autoritaria che il governo sta imponendo sulla società.
Negli scorsi mesi già diversi contributi su queste pagine hanno preso in
esame il provvedimento del governo, evidenziandone gli elementi
principali. Ricordiamo solo alcuni dei più importanti:
Due nuovi reati che possiamo definire di opinione, dal momento che
riguardano la detenzione e la diffusione di materiali informativi, sono
previsti dall'articolo 1: «Detenzione di materiale con finalità di
terrorismo», che prevede la reclusione da 2 a 6 anni, mentre la
diffusione anche online di istruzioni per atti violenti o sabotaggi è
punita da due a quattro anni. All'articolo 9 si estende a 10 - finora
erano 3 - il numero di anni entro i quali - in caso di condanna per
terrorismo - può essere revocata la cittadinanza acquisita. All'articolo
10 è introdotto il nuovo reato di «Occupazione arbitraria di immobile
destinato a domicilio altrui» punito con la reclusione da 2 a 7 anni.
Pene anche per chi coopera. L'articolo 11 istituisce una nuova
aggravante per un'ampia varietà di reati "contro la vita e l'incolumità
pubblica e individuale, contro la libertà personale e contro il
patrimonio, o che comunque offendono il patrimonio" in cui si incorre se
il reato è commesso all'interno o nelle immediate adiacenze delle
stazioni ferroviarie e delle metropolitane. All'articolo 12 è definita
una nuova aggravante al reato di danneggiamento, per fatti avvenuti
durante le manifestazioni. L'articolo 14 crea la nuova fattispecie di
blocco stradale che trasforma un illecito amministrativo in reato
penale: fino a 2 anni di carcere se il fatto è commesso da più persone.
Agli articoli 19, 20, 21, 22, 23, 28 e 31 si introducono nuove tutele
per il personale militare, delle forze dell'ordine e dei servizi
segreti: aumento delle pene per i reati di resistenza, violenza e
minacce nei confronti di personale di polizia; per chi provoca lesioni a
un agente di polizia nell'esercizio delle sue funzioni è prevista la
reclusione da 2 a 16 anni a seconda della gravità. All'articolo 19 è
prevista anche una nuova aggravante in cui si incorre se l'atto è
compiuto al fine di impedire la realizzazione di un'opera pubblica o di
un'infrastruttura strategica. Mentre gli articoli 28 e 31 prevedono
rispettivamente che gli agenti di polizia possano portare senza licenza,
fuori servizio, armi diverse da quelle di ordinanza e che ci siano
garanzie di impunità per gli agenti dei servizi segreti infiltrati. Con
l'articolo 24 sono previste aggravanti per l'occupazione di «mobili o
immobili adibiti all'esercizio di funzioni pubbliche, con la finalità di
ledere l'onore, il prestigio o il decoro dell'istituzione a cui il bene
appartiene». Nuove fattispecie di reato sono previste dagli articoli 26
e 27 che introducono il reato di rivolta in carcere e quello di rivolta
nei Cpr; sono considerate rivolta anche "le condotte di resistenza
passiva che[...]impediscono il compimento di atti d'ufficio o di
servizio necessari alla gestione dell'ordine e della sicurezza". Chi
partecipa alle rivolte rischia una pena da 1 a 5 anni, gli organizzatori
sono punibili con pene da 2 a 8 anni. Ma a seconda della gravità e delle
conseguenze della rivolta, la pena può arrivare fino a 20 anni.
L'articolo 26 prevede anche una aggravante del reato di "istigazione a
disobbedire alle leggi" se il fatto avviene all'interno del carcere o
tramite scritti o comunicazioni rivolte a detenuti.
Questo e molto altro è diventato legge con l'approvazione alla Camera il
29 maggio e quella al Senato il 4 giugno del decreto-legge n. 48,
deliberato dal governo lo scorso 11 aprile per imporre la rapida
approvazione delle nuove norme contenute nell'originario disegno di
legge ex1660, inizialmente presentato nel gennaio 2024.
Le opposizioni in parlamento hanno gridato allo scandalo per la
decisione del governo di far passare come decreto un provvedimento per
cui era stato scelto il percorso del disegno di legge. Certo
l'iniziativa del governo ha forzato le normali procedure per arrivare
alla rapida approvazione di un provvedimento fortemente repressivo.
Esponenti del governo hanno arrogantemente rivendicato questa scelta
affermando che proseguire il dibattito parlamentare era inutile dal
momento che il decreto già assumeva, a loro dire, alcuni dei rilievi
delle opposizioni. Nella realtà ben poco è stato smussato. Rispetto alla
iniziale versione del disegno di legge, presentata ormai due anni fa,
l'impianto è rimasto sostanzialmente intatto. Ma quei partiti
parlamentari che oggi criticano il governo sono gli stessi che non solo
hanno sempre utilizzato come il governo attuale la legislazione per
decreto, ma hanno anch'essi emanato provvedimenti repressivi che sono
anche alla base delle nuove norme emanate dal governo, basti pensare
all'istituzione dei CPR.
L'attuale decreto sicurezza è solo l'ultima tappa di una serie di
provvedimenti che hanno ristretto negli ultimi anni l'agibilità politica
e i margini per praticare forme di resistenza nella società.
Quanto sia ridotta ormai su questi temi, almeno nell'impostazione di
fondo, la distanza tra chi è al governo e chi siede all'opposizione in
parlamento è chiaro dal fatto che la critica dell'opposizione
istituzionale in genere non è mai diretta contro l'impostazione generale
dei provvedimenti del governo. La critica si è concentrata su poche
singole questioni, come il blocco stradale, la resistenza passiva, la
carcerazione delle madri. Ma in genere l'opposizione ha adoperato una
retorica ormai trita e ritrita, che spesso trova eco anche in settori
che dovrebbero essere più radicali, che presenta i provvedimenti
repressivi come estemporanei, raffazzonati, come spot elettorali.
Tuttavia, per quanto possano essere utilizzati nella campagna
elettorale, queste non possono essere ridotte a iniziative
propagandistiche, hanno effetti concreti sulla vita delle persone e
sull'agibilità dei movimenti.
Un esempio chiaro è stato dato in occasione delle manifestazioni in
solidarietà alla Palestina dello scorso 5 ottobre a Roma e dello scorso
12 aprile a Milano. Ed è chiaro che in un contesto di preparazione alla
guerra questo provvedimento - che punisce in maniera precisa atti di
sabotaggio, resistenza passiva, rivolte nei centri detentivi, blocchi
delle infrastrutture - serve a permettere di attuare una sorta di legge
marziale contro i "vili" che vogliono fermare la macchina della guerra.
In uno stato di guerra non dichiarato il confine tra guerra interna e
guerra esterna è ormai quasi del tutto svanito. Per questo il Quirinale
ha sostenuto l'emanazione del decreto.
Il decreto ridefinisce i confini della protesta legale, e innalza le
pene per reati in cui comunemente incorrono militanti politici e
sindacali e chi in genere partecipa a lotte sociali e movimenti. Questo
può avere una serie di conseguenze. Sicuramente porterà a ripensare
alcune pratiche, ma anche a ridefinire equilibri e rapporti tra diversi
gruppi e organizzazioni che possono avere approcci diversi alla nuova
situazione. Ma non bisogna cedere alla paura, alla rinuncia, alla
rassegnazione.
Non c'è mai stato in questi anni un movimento così largo su questi temi.
Ci sono stati i "pacchetti sicurezza" di Maroni del 2008 e 2009, i
decreti sicurezza del 2017 firmati PD, e che portano i nomi di Minniti e
Orlando, i decreti firmati da Salvini nel 2018 e nel 2019 durante il
governo Lega-M5S. In nessuna di queste occasioni si era creata una larga
opposizione sociale ai provvedimenti repressivi. Dopo la scorsa estate
invece, per opporsi a quello che era il DDL 1660 sono nate una varietà
di iniziative e campagne di respiro nazionale e locale su spinta di
alcuni settori del sindacalismo di base, con un generale coinvolgimento
di reti e organizzazioni della sinistra radicale, centri sociali, gruppi
anarchici. Non senza limiti e contraddizioni e certo con un grandissimo
ritardo, questa variegata campagna è diventata un movimento, le cui
istanze hanno trovato spazio nella società riuscendo a catalizzare il
malcontento contro il governo anche su questo terreno.
La repressione è diventata così, almeno in parte, una questione di
massa. È chiaro a una parte di società che le nuove norme sono ingiuste,
è il momento di portare questa consapevolezza nelle pratiche quotidiane,
nelle lotte sociali, per far sì che le nuove norme non possano essere
applicate. La diffusa opposizione al decreto deve trasformarsi in
violazione di massa delle nuove norme. Solo i movimenti di massa possono
aprire spazi di libertà per tuttx forzando le leggi repressive.
Chiudersi ora nei margini legali o pensare ad uno slancio di
avanguardia, come nell'ottica del tanto peggio tanto meglio, sono due
atteggiamenti che possono permettere comunque alla nuova legislazione di
consolidarsi.
Trasformare l'opposizione al decreto in pratica di rottura non è facile.
L'importante è fare sì che questo sia possibile, portando nei movimenti
il metodo anarchico e l'azione diretta, impegnandosi affinché le
pratiche di piazza non siano gestite esclusivamente dai gruppi
organizzati, perché il conflitto non diventi un fine o, peggio, una
rappresentazione, affinché si sviluppi una discussione aperta,
orizzontale, basata sulla consapevolezza dei rischi e la condivisione
delle diverse pratiche, in una prospettiva che permetta la creazione di
forme di mutuo appoggio. Gli spazi di libertà, l'agibilità di movimento
va costruita e difesa giorno dopo giorno nelle strade e nelle piazze con
decisione.
D.A.
https://umanitanova.org/spezzare-la-gabbia-autoritaria-costruire-partiche-di-liberta/
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