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(it) Italy, FDCA, Cantiere #33 - La rivoluzione delle donne nel Rojava - Mara Mariani (ca, de, en, pt, tr)[traduzione automatica]
Date
Thu, 10 Apr 2025 09:35:41 +0300
Il 26 gennaio 2025 è stato il decimo anniversario della liberazione di
Kobane, città simbolo della resistenza del Kurdistan in Siria. ---- La
città di Kobane, nella regione del Rojava, è il cuore pulsante di un
esperimento politico innovativo e rivoluzionario che, a partire da
quanto elaborato dal leader del PKK Abdullah Ocalan, che ha ripreso la
visione libertaria del filosofo statunitense Murray Bookchin, ha
permesso di dare vita ad un modello sociale all'interno del quale la
liberazione delle donne diventa elemento fondamentale e inalienabile per
creare una società realmente libera da ogni schiavitù, una società che
fonda le sue radici sui principi del femminismo, dell'ecologia sociale e
del municipalismo libertario che trascende lo stato e prende il nome di
Confederalismo democratico.
La parità tra donne e uomini è una scelta fondamentale in questo
modello, che si contrappone al modello sociale patriarcale,
all'oppressione storica dell'uomo sulla donna, e si fonda sulla assoluta
parità di diritti e sulla partecipazione alla vita pubblica.
E' una scelta irrinunciabile che sta alla base stessa del modello di
Confederalismo il quale si muove nel rifiuto delle logiche di potere e
sopraffazione tra popoli e persone perché, come affermato dallo stesso
Ocalan, "una società dove le donne sono oppresse, non è una società libera"
E proprio con il sostegno e le indicazioni di Ocalan le donne del
movimento Kurdo hanno gettato le basi della rivoluzione femminile che
oggi prospera nel Rojava: sulle montagne del Kurdistan hanno creato le
proprie unità di combattimento (non possiamo non ricordare la resistenza
delle guerrigliere curde nella lotta contro l'Isis) le proprie
accademie, il proprio partito, hanno riscoperto le proprie norme e i
propri valori soprattutto attraverso l'elaborazione di una filosofia
tutta al femminile come la Jineologia.
La Jineologia o "scienza e paradigma delle donne" è un neologismo
derivato dalla parola curda jiin che significa donna, e logos, dal greco
parola, ma jin ha la stessa radice linguistica della parola jiyan, che
significa vita. Pertanto la jeneologia non deve essere intesa soltanto
come la scienza delle donne, ma della vita, della società nel suo
insieme che si esprime con un nuovo linguaggio accessibile che punta a
smontare il concetto dell'"homo economicus" (pilastro della razionalità
economica occidentale) come attore dominante delle relazioni sociali.
Attraverso la Jineologia si attua una rilettura della scienza, dei
saperi e della storia disvelando la non naturalità del patriarcato (con
tutto ciò che ne è derivato), che ha spodestato le prime antiche società
evolute che erano di tipo matriarcale e che non attuavano le divisioni
sociali e di genere a cui tutti oggi siamo abituati con il governo degli
uomini che, invece, hanno monopolizzato tutte le forme di potere e di
oppressione, soprattutto verso la donna.
Oppressione che, secondo la jeneologia è stata imposta in tre modi:
sessualmente, economicamente e tramite trasformazioni ideologiche come
la mitologia e la religione.
Punto di partenza della Jineologia è quindi quello di penetrare nel
profondo della storia e cercare il punto dove le donne venivano "fatte
sparire" per dare il via al modello patriarcale ancora oggi imperante,
e, al contempo, recuperare la visione olistica del mondo prevalente
nelle società matriarcali per applicarla alla scienza così da consentire
uno sviluppo della conoscenza mai slegato dalla società e dalla natura,
ma che risponda alla sua etica alle sue esigenze e all'obbiettivo di
ricostruire l'equilibrio donna-natura-società
In questa ottica il campo dell'ecologia diventa fondamentale e le
questioni ambientali devono essere considerate nel loro contesto
sociale, economico, politico e culturale. Proteggere l'ambiente è una
questione di vera autodifesa della società poiché la distruzione
dell'ambiente rappresenta una minaccia per la vita sulla terra. In
questo senso l'ecologia è intesa come "ecologia sociale" perché non si
possono risolvere i problemi ecologici senza affrontare i problemi della
società.
Attraverso la Jineologia poi viene elaborato un nuovo paradigma
sociale che si declina in modelli sociali basati sull'inclusività e il
"doppio apicale"; vale a dire che l'uguaglianza di genere implica che
tutti i ruoli di vertice siano ricoperti da un uomo e una donna, a
partire dall'assemblea di quartiere.
Questo ha portato ad una rivoluzione di genere in cui una prima concreta
testimonianza si è avuta già nel 2014 quando una donna curda alevita per
la prima volta in tempi moderni è stata nominata primo ministro del
Cantone di Afrin, uno dei tre cantoni autonomi del Rojava. Ma non basta,
infatti, sempre in quel periodo ben il 75% delle donne curde era
diventato politicamente attivo e si era unito a diverse organizzazioni,
rompendo le catene della società tradizionale di quei territori.
Una vera rivoluzione di genere che ha sviluppato la sua visione di
società attraverso la promulgazione di nuove leggi e nelle pratiche di
condivisone concreta del potere.
Riguardo al primo punto le nuove leggi hanno vietato la poligamia, il
divorzio unilaterale ed il matrimonio in giovane età; per quanto
riguarda invece la gestione del potere viene adottato nelle istituzioni
quel sistema, già richiamato, di co-presidenza con una donna e un uomo
in tutte le cariche, dal livello locale a quello di confederazione.
Inoltre, dal quartiere a livello cantonale, troviamo istituzioni per
sole donne perché viene considerato fondamentale creare nuove relazioni
reciproche attraverso l'istituzione di organi indipendenti femminili in
ogni settore della società in modo che possano sottrarsi all'influenza
degli uomini, cercare soluzioni ai propri problemi e bisogni e portare
avanti la lotta contro il patriarcato con maggiore consapevolezza e
coesione.
La forte spinta delle donne nel liberarsi dalla dipendenza emotiva
fisica e psicologica con il maschio ha portato ad una maggiore
consapevolezza delle stesse in grado di risolvere i problemi e
realizzare progetti.
Una delle proposte del movimento femminista curdo in Rojava è stata
quella di trovare un posto che fosse un laboratorio femminile di
cittadinanza e autogoverno, un villaggio ecologico fatto di donne per
donne: così nel 2018 è nato Jinwar, il posto delle donne libere, un
villaggio che si configura come un nucleo di case costruite attraverso
mattoni di fango, paglia e intonaco di terra al fine di creare
connessioni sociali ed ecologiche improntate all'uso delle risorse
naturali locali, perché è sempre presente quella idea di rispetto della
natura che sta alla base dell'ecologia sociale fondamentale nella
visione del confederalismo democratico.
Il collettivo di Jinwar, che accoglie donne che fuggono da situazioni di
violenza, ma anche semplicemente donne che vogliono vivere una
esperienza tutta al femminile, si proclama antiautoritario,
autorganizzato e dedito all'autosufficienza alimentare.
All'interno del villaggio è situata anche l'accademia delle donne,
guidata da donne con donne.
E' evidente la potenza e la portata rivoluzionaria di un popolo che,
soprattutto in un contesto come il Medio Oriente, decide di
autorganizzarsi praticando modelli sociali che mettono in discussione le
gerarchie consolidate (di stato, di classe, di genere) ed è altrettanto
evidente come in questa rivoluzione le donne abbiano avuto, ed hanno
tutt'ora, un ruolo di fondamentale importanza.
http://alternativalibertaria.fdca.it/
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