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(it) Spaine, LIZA[Italy]: Repressione e Stato di polizia nell'Italia della Meloni (ca, de, en, pt, tr)[traduzione automatica]

Date Wed, 6 Nov 2024 07:43:37 +0200


Resistenza collettiva contro il DDL 1660 in un contesto di crescente autoritarismo: un grido collettivo nelle strade ---- Il 5 ottobre, quasi 10.000 persone si sono radunate nelle strade di Roma in una massiccia manifestazione che è risuonata come un'eco di resistenza contro la crescente repressione misure del governo Giorgia Meloni. La folla, unita dalla difesa dei diritti civili e dalla lotta contro l'oppressione (e la repressione), ha chiarito che la voce del popolo non può essere messa a tacere. Questa giornata di protesta non ha rappresentato solo l'opposizione al "DDL 1660", un disegno di legge che mira a limitare le libertà fondamentali e criminalizzare il dissenso, ma si è anche espressa in solidarietà con il popolo palestinese e libanese, ricordando che la lotta per la giustizia è una lotta globale.

Tuttavia, questa giornata si è svolta in un modo che ha pochi precedenti recenti: fermati alla discesa dai treni, perquisizioni sugli autobus (anche privati), fermi ai caselli autostradali... Infatti, alcuni autobus che provenivano da altre città sono stati fermati, perquisito e scortato fino ai limiti della provincia di Roma.

Più di 1.600 persone sono state controllate dalle forze statali, 200 in totale sono state espulse dalla città, 51 delle quali hanno ricevuto ordini di espulsione per un periodo compreso tra 6 mesi e 4 anni. Tali misure cautelari sono state imposte a chiunque avesse un unico processo in corso (non ancora concluso) per reati riconducibili alle manifestazioni di piazza.

La piazza dove si è svolta la manifestazione è stata intensamente controllata, con le uscite bloccate e gli accessi delimitati da cancelli di controllo, dove sono stati richiesti documenti e effettuate le identificazioni. Ciò ha reso difficile l'arrivo sicuro di migliaia di persone, creando un'atmosfera di tensione. Nonostante le richieste di consentire la libera circolazione, le autorità hanno continuato a confrontarsi con i manifestanti in Piazzale Ostiense, provocando forti scontri tra i manifestanti e la Polizia, che ha risposto con manganelli e lanci di gas. Gli scontri hanno portato all'arresto di quattro persone (tra cui Tiziano, che rischia gli arresti domiciliari in attesa del processo) e di almeno 24 agenti feriti, 20 della polizia e 4 della guardia di finanza (guardia di finanza); così come tre manifestanti, secondo i media locali.

Successivamente la polizia ha effettuato raid e provocazioni in diverse zone della città. È stata annunciata solidarietà ai detenuti, comprese le 51 persone con ordini di espulsione, e sono state mobilitate risorse legali e politiche in loro difesa. Gli slogan, che invitavano alla resistenza contro la guerra e il colonialismo, hanno trovato un'eco particolare nell'attuale contesto italiano, dove il DDL 1660 minaccia di privare i cittadini dei loro diritti fondamentali.

L'estrema destra al potere e alla repressione

L'Italia, nel corso della sua storia recente, è stata testimone di una crescente ondata di misure repressive che hanno limitato le libertà individuali e collettive. Dal governo di Matteo Salvini a quello attuale di Giorgia Meloni sono state approvate diverse leggi che limitano il diritto di protestare e criminalizzano le azioni di resistenza. Questo modello di oppressione non è nuovo: fa parte di una tradizione politica che vede il dissenso come una minaccia alla stabilità dello Stato. La stessa cosa si è sperimentata nello Stato spagnolo dal 2015 con la riforma della Legge sulla Sicurezza dei Cittadini conosciuta anche come "Legge Bavaglio", in cui sono stati introdotti nuovi poteri e facoltà per la polizia.

In questo senso, il DDL 1660 non è altro che il culmine di un processo di erosione dei diritti che ha subito un'accelerazione negli ultimi anni. La storia dell'Italia è segnata da movimenti sociali che hanno lottato per i diritti fondamentali e ora, di fronte a questa nuova minaccia, è essenziale ricordare le lezioni del passato e rafforzare l'unità nella lotta.

DDL 1660 - Un'arma contro il dissenso

Il DDL 1660, soprannominato dai suoi critici "legge del manganello" o "legge anti-Ghandi", è stato presentato come una risposta necessaria all'"emergenza" in cui versa l'Italia, ma in realtà è un tentativo calcolato di mettere a tacere il dissenso e controllare le lotte sociali . Il disegno di legge, in discussione alle Camere dal 10 settembre, introduce nuove sanzioni e categorie penali che minacciano gravemente il diritto di protestare. Secondo il manifesto diffuso da diversi gruppi, questa legge cerca di "regolare i conti" con la realtà della lotta in corso e di fermare ogni resistenza organizzata.

Il DDL 1660 presenta un insieme di misure che trasformano il quadro giuridico in cui operano le lotte sociali. Questa legislazione costituisce un muro contro l'azione collettiva, cercando di schiacciare le voci dissidenti che chiedono giustizia.

Alcune delle disposizioni più preoccupanti includono:

Il blocco stradale come reato penale: il blocco stradale diventa un reato penale con sanzioni fino a 2 anni di reclusione.
Proteste nelle carceri e nei centri di detenzione: le manifestazioni nelle carceri e nei centri per immigrazione possono essere punite con pene fino a 20 anni di reclusione.
Proteste contro le grandi opere: Viene stabilita anche la criminalizzazione delle proteste contro le grandi opere, con pene simili alle precedenti.
Propaganda delle lotte sociali: la "propaganda" legata alle lotte sociali è considerata punibile, con condanne fino a 6 anni, sotto l'etichetta di "parola terrorismo". Alcuni dei casi già in corso possono servire da esempio: l'attivismo filo-palestinese o il caso Scripta Scelera.
Occupazione di case sfitte: l'occupazione di case sfitte, così come la solidarietà con tali occupazioni, possono comportare pene fino a 7 anni di reclusione.
Resistenza attiva: è prevista una pena fino a 15 anni per la resistenza attiva durante manifestazioni o scontri con le autorità.
Resistenza passiva: la resistenza passiva, considerata un nuovo crimine (chiamato "anti-Ghandi"), può essere punita con pene fino a 4 anni di reclusione.
Potere delle forze dell'ordine: agli agenti delle forze dell'ordine viene concesso il potere di portare con sé una seconda arma personale oltre alla loro arma ufficiale, anche quando non sono in servizio.
Carcere per le donne incinte: viene eliminata l'eccezione che escludeva dall'andare in prigione le donne incinte o le donne con bambini di età inferiore a 1 anno, che possono essere incarcerate immediatamente.
Restrizioni agli immigrati senza permesso: Agli immigrati in situazione irregolare è vietato l'uso del cellulare, vincolando l'acquisizione di una SIM card al possesso di un permesso di soggiorno.
Queste misure hanno un impatto devastante sulle lotte attuali, poiché cercano di delegittimare e criminalizzare l'azione collettiva e la protesta sociale. L'attuazione di questa legislazione non solo crea un clima di paura, ma impedisce anche lo sviluppo di movimenti che cercano di trasformare la società.

Le controverse misure del governo Meloni

Oltre al DDL 1660, il governo di Giorgia Meloni ha varato altre misure controverse che hanno generato profondi disordini sociali. Molti lo vedono come un ritorno a un nostalgico passato italiano mai sepolto. Questi includono:

Detenzione di attivisti: casi come quello di Luigi Spera e Giacomo Baggio Zilio mostrano come l'attivismo pacifico, anche nelle proteste non violente, venga represso con arresti e dure accuse. Spera è stato incarcerato per aver protestato davanti a un'azienda di armi, mentre Zilio deve affrontare restrizioni antimafia per aver lanciato coriandoli a una manifestazione ambientalista.
Limitazione del diritto all'aborto: è stata esercitata pressione sulle donne che cercano di abortire, costringendole a sottoporsi a processi umilianti come l'ascolto del battito cardiaco del feto prima di poter procedere. Inoltre, è aumentata l'influenza degli attivisti anti-aborto all'interno delle cliniche, rendendo difficile l'accesso a questo diritto.
Promozione di valori conservatori e tradizionali: è stata promossa la difesa della famiglia tradizionale, limitando i diritti della comunità LGBT+ e limitando l'accesso al matrimonio paritario, all'adozione e ad altre tutele legali per le coppie dello stesso sesso.
Politiche anti-immigrazione: l'Italia ha chiuso i suoi porti alle navi che salvano i migranti nel Mediterraneo, rafforzando una narrativa razzista e xenofoba. Rifugiati e migranti vengono presentati come criminali e il loro rifiuto è stato giustificato in nome della protezione nazionale.
Promozione del nazionalismo: il governo Meloni, soprattutto attraverso figure come Matteo Salvini, ha promosso politiche che rafforzano l'idea di "Italia per gli italiani", esacerbando sentimenti nazionalisti ed escludendo immigrati, rifugiati e minoranze etniche.
Sanzioni per gli occupanti abusivi: sanzioni da due a sette anni di reclusione per occupazione di beni o impedimento dell'accesso ai proprietari.
Castrazione chimica per autori di reati sessuali: proposta di istituire una commissione tecnica per studiare la possibile attuazione della castrazione chimica, sebbene la sua efficacia sia contestata. Questa proposta riflette un approccio punitivo piuttosto che uno incentrato sulla prevenzione e sul trattamento.
Recupero del servizio militare obbligatorio: in Parlamento sono state discusse proposte per ripristinare il servizio militare obbligatorio, aprendo la porta a un possibile militarismo nella società.
Divieto della cannabis light (CBD): il decreto che equipara la cannabis light ad altre droghe colpisce un settore che era cresciuto notevolmente, generando critiche da parte di diverse organizzazioni.

Fine dell'eccezione per le donne incinte: l'eliminazione della clausola che escludeva le donne incinte o le donne con bambini di età inferiore a un anno dall'andare in prigione è un chiaro esempio dell'approccio repressivo del governo.
Queste misure sono state oggetto di forti critiche da parte dell'opposizione, dei giuristi e delle organizzazioni per i diritti umani, che le considerano liberticide e allineate con un approccio autoritario.

La risposta dei movimenti sociali

Di fronte alla crescente repressione, i movimenti sociali hanno risposto con determinazione e unità. La manifestazione del 5 ottobre è stata solo una delle tante azioni organizzate contro il DDL 1660 e le misure repressive del governo. Il manifesto diffuso da vari gruppi è un appello alla solidarietà e all'azione collettiva, evidenziando che la lotta non può essere divisa da differenze ideologiche o tattiche.

Le assemblee organizzate in diverse città hanno cercato di creare un coordinamento permanente tra movimenti, gruppi e organizzazioni, creando nodi locali che promuovano la lotta al DDL 1660 e la militarizzazione della politica. È stata sottolineata l'importanza di una mobilitazione unitaria che trascenda i confini settoriali e incoraggi l'azione collettiva in difesa dei diritti umani e della giustizia sociale.

Il 21 settembre è stata organizzata a Firenze una manifestazione contro la guerra, la NATO e le spese militari, nell'ambito di una serie di azioni coordinate per contrastare il DDL 1660. Le mobilitazioni a Bologna e in altre città sono riuscite ad attirare diversi settori della società, a dimostrazione che la resistenza è possibile quando si lavora in unità.

Implicazioni della repressione

Il DDL 1660 è sintomo di una tendenza preoccupante: il crescente autoritarismo dei governi di destra in Europa. Quello che sta accadendo in Italia non è un fenomeno isolato; Fa parte di un movimento globale che cerca di consolidare il potere a scapito delle libertà civili.

La repressione e l'inasprimento delle leggi sotto il governo Meloni hanno profonde implicazioni per la società italiana. La criminalizzazione del dissenso e la delegittimazione della protesta sono tattiche che cercano di smantellare il tessuto sociale di resistenza e di empowerment. Introducendo misure che limitano la libertà di espressione e il diritto di protestare, il governo sta seminando un clima di paura che potrebbe portare alla smobilitazione delle lotte sociali e alla crescente forza dei gruppi autoritari.

La politica repressiva ha anche un effetto sproporzionato sulle comunità più vulnerabili, che sono le più colpite dalle misure di austerità e dall'oppressione. La resistenza passiva penalizzata nelle carceri e nei rifugi è un chiaro esempio di come le politiche del governo Meloni disumanizzino i gruppi vulnerabili.

L'aumento dei poteri della polizia e l'impunità in caso di abusi rappresentano una battuta d'arresto nella tutela dei diritti umani e una normalizzazione della violenza istituzionale e di strada. Questa situazione è allarmante poiché, se non affrontata con decisione, può portare a un'erosione irreversibile dei diritti civili in Italia.

I movimenti sociali devono essere consapevoli che la lotta non è solo contro leggi specifiche, ma contro un sistema che cerca di reprimere ogni forma di resistenza. È fondamentale che questi movimenti non solo resistano all'oppressione, ma elaborino anche una visione alternativa della società basata sulla giustizia sociale, sull'equità e sul rispetto dei diritti umani.

Come è il movimento anticapitalista in Italia?

Parlando con i colleghi di Roma, ci dicono che il movimento anticapitalista in Italia si trova ad affrontare una serie di sfide profonde, sia per la sua storia che per l'attuale contesto sociopolitico. Fin dalle sue origini è stato caratterizzato da una ricca tradizione teorica e da un elevato grado di dibattito interno. Nel corso degli anni, questa frammentazione ha generato diverse divisioni che hanno influito sia sulla sua coesione che sulla sua capacità di organizzarsi in modo efficace. La coesistenza di approcci contraddittori, sia teoricamente che praticamente, ha reso difficile per il movimento funzionare come una forza unita. Inoltre, l'eredità del Partito Comunista Italiano (PCI) è stata un fattore chiave nella configurazione della sinistra italiana, poiché il PCI, occupando gran parte dello spazio politico, ha bloccato lo sviluppo di correnti più radicali come l'anarchismo e il autonomia. Con la fine del PCI, il suo successore, il Partito Democratico, si è allontanato dalle idee di sinistra e ha adottato una posizione neoliberista, alienando ulteriormente i movimenti anticapitalisti.

A livello organizzativo, il movimento si trova ad affrontare gravi difficoltà. Sebbene gli spazi occupati o gli "squat" siano stati storicamente punti chiave di resistenza, mantenerli aperti nell'attuale contesto di repressione e scarsità di risorse è sempre più complicato. La mancanza di coesione interna al movimento aggrava questo problema, poiché i conflitti intergenerazionali e le divisioni ideologiche limitano una cooperazione efficace. Inoltre, il generale disinteresse della società italiana verso il movimento anticapitalista ha contribuito alla sua invisibilità. Nonostante la repressione statale, il movimento non è percepito come pericoloso, ma piuttosto come irrilevante, in quanto ostacola la sua capacità di influenzare l'opinione pubblica e mobilitare nuovi seguaci. Questa apatia, combinata con un discorso borghese dominante che predomina nelle istituzioni educative e nei media, rafforza l'idea che le lotte sociali mancano di un impatto reale.

Nonostante questi ostacoli, il movimento anticapitalista in Italia continua a resistere. La presenza di attivisti impegnati e teoricamente validi, come gli anarchici, dimostra che, sebbene minoritario, il movimento ha ancora la capacità di generare paura nelle strutture di potere. Tuttavia, la sua sfida principale è attrarre una nuova generazione di militanti e superare la frammentazione che ne limita l'efficacia. Anche se non si tratta di cercare una maggioranza parlamentare o elettorale, la mancanza di partecipazione di massa nelle strutture organizzative del movimento gli impedisce di avere un maggiore impatto sulle lotte politiche. Il futuro del movimento dipende dalla sua capacità di superare l'apatia sociale, rivitalizzare le proprie strategie e adattarsi a un contesto sempre più repressivo, senza perdere di vista l'importanza di mantenere uno spirito radicale e anticapitalista.

Un appello alla resistenza

Con l'avanzare del dibattito sul DDL 1660 e sulle altre misure repressive, è fondamentale riflettere su come potrebbe evolversi la situazione. La storia ha dimostrato che, nei momenti di massima oppressione, le risposte collettive spesso diventano più forti. Se da un lato la criminalizzazione della protesta mira a smobilitare, dall'altro può anche comportare una rivitalizzazione dell'attivismo e la creazione di nuove forme di resistenza.

I movimenti sociali hanno la responsabilità di articolare strategie che non solo resistano alle leggi repressive, ma propongano anche alternative praticabili. La solidarietà internazionale gioca un ruolo fondamentale in questo contesto; È imperativo che le lotte locali si colleghino con le lotte globali. La resistenza all'occupazione e la lotta per i diritti dei palestinesi, insieme alla lotta contro la repressione statale, sono esempi di come diversi fronti possano intrecciarsi e rafforzarsi a vicenda.

Inoltre, è necessario che i movimenti lavorino per creare spazi sicuri per il dibattito e l'organizzazione. Costruire reti di sostegno e promuovere l'azione diretta sono strategie chiave per contrastare la repressione. Le lotte per la casa, il lavoro e il diritto alla salute devono essere al centro di un'agenda unificata che sfidi l'autoritarismo in tutte le sue forme.

È fondamentale che la comunità si mobiliti e agisca contro queste misure. La storia ha dimostrato che i diritti non sono irrevocabili e che vanno sempre difesi. Pertanto, invitiamo tutti a unirsi alla lotta, a partecipare alle manifestazioni, alle assemblee e alle azioni di resistenza.

La solidarietà e il sostegno reciproco sono le fondamenta su cui si costruiscono i movimenti per il cambiamento. L'unione fa la forza! Non permetteremo che i nostri diritti e le nostre libertà vengano calpestati. I diritti non sono mai permanenti. È responsabilità di ogni persona difenderli, poiché la storia ci ha mostrato che i progressi sociali e le libertà possono essere portati via se non vengono attivamente protetti.

Costruire un futuro più giusto ed equo dipende dalla nostra capacità di organizzarci e lottare insieme. Che sia nello Stato italiano, spagnolo, palestinese o russo.

La difesa dei diritti è una lotta continua: non esistono diritti irrevocabili!

Il DDL 1660 simboleggia la fragilità dei diritti e delle libertà che diamo per scontati. In Italia stiamo vedendo come un governo democratico possa, con il pretesto della sicurezza, smantellare progressivamente le conquiste sociali che costano decenni di lotta. Ma questa situazione non è irreversibile. La mobilitazione del 5 ottobre è solo un esempio del potere di cui dispone il popolo quando si organizza e risponde con fermezza alle ingiustizie.

Non esistono diritti irrevocabili. Le conquiste sociali non sono doni concessi dai governi, ma piuttosto vittorie ottenute attraverso la lotta costante dei popoli. Se vogliamo proteggere i nostri diritti, dobbiamo essere sempre disposti a difenderli, a mettere in discussione il potere e a resistere alle misure che cercano di portarceli via. L'Italia si trova in un momento critico e il futuro dei suoi diritti democratici dipende dalla capacità del suo popolo di unirsi e combattere.

La resistenza è l'unica via e la storia è dalla nostra parte. Come espresso nel manifesto dei movimenti sociali dopo la manifestazione del 5 ottobre: "La libertà non è uno stato naturale; È una conquista continua". Oggi più che mai dobbiamo ricordare queste parole e continuare la lotta. L'autoritarismo può essere sconfitto, ma solo se manteniamo alta la guardia e rimaniamo uniti. Perché i diritti, come la libertà, esistono solo finché siamo disposti a difenderli.

Diogo, attivista di Liza

https://www.regeneracionlibertaria.org/2024/10/17/represion-y-estado-policial-en-la-italia-de-meloni/
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