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(it) Italy, UCADI #189 - DRAGONI (ca, de, en, pt, tr)[traduzione automatica]

Date Thu, 17 Oct 2024 08:50:15 +0300


Per quelli che pensano davvero che la compagine di governo possa essere in qualunque modo declinata con il termine di "sovranista" (qualunque cosa questa parola voglia dire) e minimamente critica verso il predominio assoluto che il capitale ha raggiunto negli ultimi 30 anni, vorrei soffermarmi su alcune specifiche caratteristiche, che paiono davvero raffigurare un caso di scuola. ---- Come si sa il capitale per funzionare ha bisogno di un apposito impianto giuridico che tuteli innanzitutto la proprietà privata, che metta i cittadini (ma non tutti, e su questo tornerò più sotto) sullo stesso piano (l'uguaglianza giuridica come neutralizzazione della diversità di classe) e che garantisca soprattutto, dal basso verso l'alto, i diritti proprietari e di profitto contro qualunque limitazione, sia dello Stato che dei piccoli e medi produttori. La "naturale"
tendenza del capitale al monopolio farà sì che, di fronte alla legge, la multinazionale che fattura più di uno Stato, sarà uguale al singolo cittadino da questa danneggiato, alla piccola impresa finita nelle sue spire, o all'interesse pubblico osteggiato.
Questo aspetto dell'ordoliberismo (ovvero lo Stato che manifestatamente facilita con la sua azione il capitale[1]) ha creato un nemico di classe assai meno facile da combattere rispetto al vecchio liberismo. L'ordoliberalismo nasce dalla consapevolezza che il metodo di produzione capitalistico è storico e non immanente, e questa consapevolezza ha fatto sì che, paradossalmente (ma non tanto) arruolando a pieno titolo lo Stato, non più lo Stato "minimo" ottocentesco, si sia andati a presentare il capitale come "l'ordine naturale delle cose". Un metodo egemonico che pare aver funzionato a meraviglia.
Tuttavia, come è ovvio, la costruzione giuridica, la propaganda del soft-power e l'arruolamento di truppe embedded a tutti i livelli, non hanno potuto eliminare la realtà. E nel capitale la realtà è data dall'oggettiva presenza del conflitto di classe. Come già accaduto nella storia contemporanea in questi casi la politica va anche oltre il ruolo previsto dall'ordoliberismo e tenta di riportare lo scontro di classe dentro una logica "nazionale" e "popolare".
Questo è quello in cui si cimenta e si sta cimentando questo governo.
Come già accaduto con Berlusconi nei decenni precedenti, la destra si presenta sulla scena politica italiana come "outsider". Questa autorappresentazione ha corrisposto in effetti alla realtà, visto che il capitale italiano, quello passato, degli Agnelli, per intenderci, si trovava molto meglio con la vecchia classe dirigente democristiana e anche comunista, all'interno di un panorama del tutto diverso da quello che si è strutturato a partire dalla rivoluzione digitale.
Come negli USA, con Trump (ma forse più con Reagan) Berlusconi, capitalista globale, ma in apparenza non "interno", era riuscito a rappresentare bene una classe media (in Italia tradizionalmente reazionaria ed eversiva sul piano dei diritti sociali ma non su quello della "libertà personale") che cominciava ad essere impaurita dai cambiamenti globali.
La destra attuale invece fa una operazione diversa. Preso atto dell'assoluta impossibilità dell'Italia di ritagliarsi un qualunque ruolo all'interno del capitale globale (in quanto la sinistra e la destra "globaliste" da Ciampi a Monti, da Draghi a Renzi hano portato a compimento la demolizione della manifattura italiana, eseguendo perfettamente gli ordini del mondo finanziario transnazionale) e certificato il ruolo subalterno del nostro paese in tutti i campi (eccetto il turismo, tipico di uno Stato destinato al sottosviluppo), deve quindi operare, come si diceva sopra, una torsione né nuova né originale. Ovvero, riportare lo scontro intercapitalistico e di classe dentro l'alveo nazionale, da intendersi nel senso del sangue e del suolo.
Una specie di nazionalizzazione delle masse un po' cialtrona, ma efficace, per la quale eviterei il confronto con Mussolini, il quale, venendo dal socialismo italiano, sapeva molto meglio come lavorare con le folle e con la borghesia italiana.
In questo contesto si inseriscono i 2 capisaldi veramente esemplari delle dichiarazioni di Matteo Salvini e del nuovo decreto "sicurezza" .
Salvini è indagato per un reato specifico, quello di sequestro di persona che è uno dei reati 'come sempre personali'previsto dal Codice Penale. La risposta del politico, non casuale né passionale (Salvini è un pessimo attore ma ha una squadra di ottimi professionisti della comunicazione) si disinteressa di questo aspetto, anzi lo bypassa e invece parla direttamente al "popolo" . Questo "diritto" pre-romano e anche protonazista[2], è un diritto diverso da quello astratto su cui l'occidente ha basato la propria storia. Anzi non tutto, perché in quello che Canfora definisce "L'estremo occidente", ovvero l'impero USA, questo aspetto del "consenso popolare" e della "vendetta", permeati di una cultura biblica che si è fermata al vecchio testamento, è assolutamente presente. E se la patria del capitale convive allegramente anche con questo tipo di diritto "teutonico", a patto che mantenga i capisaldi di cui abbiamo parlato sopra.
Ecco che Salvini, quindi, può agire e parlare tranquillamente in maniera eversiva, rispetto al nostro ordinamento, sicuro che le classi dominanti (che hanno sì bisogno di immigrati per lavorare, ma non sono certo note per la loro capacità di commuoversi e, anzi, l'immigrato irregolare è per loro una declinazione assolutamente positiva), non avranno nulla da obiettare (a differenza delle boutade sulla abolizione della Fornero - che questo governo ha invece peggiorato).
Si parla quindi direttamente alla "gente", alla pancia, al diritto penale che deve rispettare il consenso, deve adattarsi allo spirito del tempo, al di là e ben oltre il principio di legalità. Quanto possa essere devastante questo aspetto per le classi subalterne, credo che ancora la sinistra rimasta in vita non lo abbia capito.
E mi pare non abbia neppure compreso il nuovo decreto sicurezza: un decreto totalmente classista, dove, a fronte del bavaglio alla stampa per gli indagati eccellenti e la difesa a spada tratta di ogni porcheria combinata dalle classi dirigenti (quelle dominanti, come dicevo sopra, se ne fottono), si aumentano in maniera impressionante pene e repressione per comportamenti penali, soprattutto legati a proteste, manifestazioni, reati minori. Dopo, ovviamente un battage impressionate sulle tv (tutte: pubbliche e private) nel "dagli al ladro" e ad una cronaca nera che (a fronte di statistiche che non registrerebbero balzi in avanti della criminalità, ma, si sa, la realtà è quella che viene costruita) è diventata la parte principale di quotidiani e telegiornali, con dettagli morbosi e odiosi, tutti tesi a creare un clima di consenso per una repressione che si preannuncia durissima, stante le condizioni sociali ed economiche reali di gran parte della popolazione.
Ovviamente questa aspetto: repressione, razzismo e autoritarismo vanno a braccetto con l'ubbidienza ai diktat ordoliberali e finanziari del "ce lo chiede l'Europa" (ovvero: tagli alla sanità, alle pensioni e una perenne austerità che il capo dei capi ovvero Draghi vorrebbe combattere - è proprio il caso di dirlo - aumentando le spese militari).
Ma la sinistra è doppiamente cieca. Non riesce a vedere che la Meloni interna è lo specchio di quella esterna e che i due aspetti si toccano. Ma quella esterna, prona ai voleri della UE liberista, non è criticabile visto che tutti o quasi sono concordi con quelle politiche e quindi l'attacco a quella Meloni "fascista" è un'arma spuntata. Basti vedere in che condizioni la sinistra arriva sulla guerra e sul Medio-Oriente, dove Tajani pare più moderato di un fetta notevole del PD, in piena euforia bellica, mentre si tace sul genocidio a Gaza.
Del resto la Meloni è la figlia di Draghi. Una figlia minorenne che rompe qualche giocattolo, ma ubbidisce al padre. Se la cosa non fosse terribilmente tragica, saremmo di fronte ad una nuova serie televisiva di successo.

Andrea Bellucci

[1]Un testo fondamentale resta ancora quello di P. Dardor e C. Laval "La nuova ragione del mondo. Critica della razionalità neoliberista", Derive Approdi, 2019 (ed. or. 2013). A tale proposito, Fra i tanti punti toccati dal complesso, discusso, volume c'è n'è uno che forse non ha avuto l'attenzione che avrebbe meritato. Ovvero la crescita abnorme della burocrazia che l'ideologia alla base della UE ha posto in essere con l'idea che tutto debba essere in concorrenza, comprese e a pieno titolo le istituzioni pubbliche ( livellate alla "pari" con quelle private). Questo ha portato non solo alla mostruosa levitazione di una documentazione sempre più complessa e autoreferenziale (da qui le nuove professioni miranti a "decodificare" tale selva, inestricabile, di norme, linee guida, faq, molto spesso in contrasto fra di loro) ma anche al ricorso esponenziale alla prassi giudiziaria, facendo del contenzioso la strada normale seguita dai procedimenti amministrativi. Ciò ha dato origine allo sviluppo di condotte "difensive" che le varie istituzioni hanno messo in atto, le quali vanno ancora ad aggiungersi alla sempre più indistricabile rete "regolamentante" . Questo tipo di iperburocrazia, però, non è stata oggetto delle feroci critiche che negli anni passati avevano attaccato quella "statale". Anzi. Questo perché essa è parte integrante dell'ideologia e della prassi neo-liberale e ordo-liberale. Ciò a conferma che lo Stato è diventato componente fondamentale della stessa torsione pro-mercato dell'intera società.
[2]Vedi a tale proposito il notevole saggio di Johann Chapoutot, "La legge del sangue. Pensare e agire da nazisti", Einaudi, 2016.

https://www.ucadi.org/2024/09/28/dragoni/
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