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(it) Italy, Sicilie Libertaria #451: Amodio - Paesaggi urbani multietnici (ca, de, en, pt, tr)[traduzione automatica]

Date Sat, 5 Oct 2024 08:01:19 +0300


L'arrivo, in gran parte clandestino, di immigrati extraeuropei in Italia è andato aumentando progressivamente nelle ultime decadi, soprattutto nelle regioni meridionali, zona di transito e di lavoro, dove all'inizio manteneva un certo grado di invisibilità, derivato dal lavoro nei campi, ma che ora si è fatto sempre più visibile in ambiti urbani. Anche se non si tratta di una "invasione", come le destre nostrane proclamano per spaventare i loro votanti, il volume di stranieri di prima e seconda generazione è sufficientemente alto per segnare la vita cittadina, tanto nelle grandi città come nelle medie e piccole, dove il fenomeno può dirsi più recente. In effetti, quando si trattava di pochi individui, soprattutto giovani e maschi, la loro presenza non perturbava generalmente la vita urbana, salvo quando la differenza riguardava segni corporali precisi come il colore della pelle; infatti, la riconoscibilità dei migranti dell'est europeo non è tanto immediata, considerando che i loro tratti somatici non sono tanto differenti da quelli italiani. Differente è la situazione quando cominciano ad arrivare le famiglie, e quindi donne e bambini, che non sostituiscono il flusso degli uomini soli, ma ad essi si associano, soprattutto considerando l'esistenza di reti familiari che ne hanno favorito l'arrivo e l'insediamento. Questo fenomeno risulta avanzato nelle grandi città, come Catania, Napoli o Milano, mentre nelle piccole si tratta di un fenomeno incipiente o che solamente ora si fa più visibile.

L'arrivo di famiglie, che esprime una certa stabilità economica e sociale, porta con sé un cambio importante tanto nella loro vita come in quella degli abitanti storici dei vari contesti urbani in cui gli emigranti si sono inseriti, generalmente periferiche, anche se questo non è tanto evidente nelle piccole realtà urbane, dove è difficile differenziare una zona dall'altra in termini economici. I segni più evidenti di questi nuovi insediamenti urbani, caratterizzati da certa omogeneità etnica di origine, è la progressiva mutazione del contesto: si creano nuovi spazi di socialità, si ascolta musica sconosciuta, si percepiscono odori di cucina esotici e, soprattutto, nascono botteghe e piccoli supermercati caratterizzati da prodotti provenienti da terre lontane, ma che vendono anche prodotti locali, da cui deriva che anche i non migranti finiscono per frequentarli, anche se spesso solo in caso di necessità. Infine, il moltiplicarsi di famiglie di emigranti implica la presenza di bambini, da cui la pressione sugli enti statali per la loro assistenza medica ed educativa.

Il panorama che abbiamo delineato non si è prodotto da un giorno all'altro, ma si è andato conformando negli ultimi trenta anni, senza che la politica si accorgesse di quello che stava accadendo, a parte alcune istituzioni urbane locali, preoccupate dell'esistenza di questi nuovi "cittadini" senza protezione sociale, soprattutto i bambini. Il paese legale, come avrebbe detto Bobbio, coincide sempre meno con il paese reale; e persino quando si legifera lo si fa in base a "dati" costruiti ideologicamente e non derivati dalla conoscenza reale dei processi sociali, com'è il caso della legge Bossi/Fini o, più recente, del decreto Cutro. Si pone qui un problema squisitamente psicologico e, chiaramente, etico: i politici e i loro votanti, che non "vedono" la realtà italiana sempre più irrimediabilmente miscelata con altre forme culturali di vita, mentono sapendo di mentire o vedono la realtà attraverso il filtro della sua rappresentazione? La risposta è ovvia se consideriamo le cinquecentomila persone che hanno creduto e votato Vannacci, anche se ho l'impressione che il generale sappia di mentire.

Parlare di rappresentazione implica saper distinguere tra "panorama" e "paesaggio", dove il primo termine allude ai processi spaziali abitativi reali, mentre il secondo fa riferimento alla costruzione storica delle immagini significative del panorama intervenuto dai gruppi umani. Così come lo spazio indifferenziato si fa territorio quando se le attribuiscono nomi, significati e valori, il panorama naturale si fa paesaggio culturale, differenziato secondo i gruppi sociali, di cui uno può diventare dominante, imposto dai gruppi egemoni e veicolato dai media. Nel caso degli emigranti, i vari paesaggi culturali che si producono possono variare da quelli che negano la loro presenza già stabile e il ruolo che svolgono nell'economia del paese (e quello che svolgeranno in futuro; vedi il riferimento alla logica delle pensioni), a quelli che già li hanno integrati nella rappresentazione, soprattutto in ambienti popolari, naturalizzando la loro presenza. Specchi di questa differente costruzione della presenza dell'altro possono considerarsi le polemiche sulla presenza di italiani non bianchi nello sport italiano d'élite; come anche quelle sulle esternazioni di Salvini che rimarcano il colore della pelle o l'origine di chi trasgredisce o si macchia di un delitto, cosa che non fa quando a trasgredire è un italiano bianco e ariano!

Dato che i paesaggi culturali urbani sono un prodotto di gruppo, possibilmente omogeneo non solo in quanto a condizione sociale ma anche formato da membri portatori di una stessa cultura e parlanti di una lingua comune o di varianti con una origine comune, anche le crescenti comunità di migranti stabilmente residenti in Italia, producono rappresentazioni del territorio che possono trasformarsi in paesaggi culturali, strumenti di azione su un mondo che necessitano controllare in qualche modo. Certamente, in questo caso, occorre non dimenticare che la stessa decisione di emigrare e viaggiare in condizione tremende verso Europa può considerarsi il risultato di una rappresentazione in gran parte fantastica, ma che viene definita fortemente dalla contrapposizione tra ricchezza e povertà, cosa ben reale (anche se poi scoprono che i poveri esistono anche nel mondo ricco!). In questo senso, la vecchia rappresentazione soffre dei processi violenti di ristrutturazione, fino a conformarsi in un nuovo paesaggio, certamente subalterno.

La produzione di paesaggi o, se si vuole, di rappresentazioni in ambiti urbani implica che, di fronte al panorama di case e vie, ogni gruppo sociale, di origine locale o foranea, abbia letture differenti; cioè, ci sono tante città quanto gruppi sociali o etnici la abitano e queste differenti immagini "lottano" fra loro per imporsi o, in ogni caso, per ottenere sufficiente forza per proporsi come opzione possibile, anche di fronte a quei paesaggi tradizionali che cercano di escluderle. Da qui la necessità di un dibattito su "paesaggio multietnico" o "paesaggio interetnico", che passa necessariamente dallo stesso concetto di integrazione, come vedremo...

Emanuele Amodio

http://sicilialibertaria.it
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