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(it) Italy, FDCA, Cantiere #28: Pier Carlo Masini e Georges Fontenis: due esperienze di lotta per l'anarchismo di classe a cura di Paolo Papini (ca, de, en, pt, tr)[traduzione automatica]

Date Wed, 2 Oct 2024 09:16:04 +0300


Nel secondo dopoguerra gli anarchici dovettero confrontarsi con l'egemonia dei partiti stalinisti sul movimento operaio, vedendo ridotto al minimo il loro spazio di azione politica. ---- Nel 1945 si erano costituite la Federazione Anarchica Italiana (FAI) e la Fédération Anarchiste (FA) francese, organizzazioni di sintesi nelle quali si contrapponevano posizioni umaniste e aclassiste, da una parte, e comuniste di classe dall'altra. ---- I giovani militanti operai, sia in Italia che in Francia, erano fautori di quest'ultima tendenza. Rivendicavano un anarchismo rivoluzionario e organizzato, potenzialmente capace di contendere allo stalinismo e al riformismo l'influenza tra i lavoratori, e contestavano l'anarchismo idealista e antiorganizzatore, che rifiutava l'intervento politico in fabbrica e nel sindacato.

Il richiamo alla storia e alla teoria dell'anarchismo di classe, a partire da Bakunin, e la riscoperta della Piattaforma dei Comunisti Anarchici del 1926, furono le basi sulle quali quei nostri compagni si assunsero il compito del rinnovamento ideologico e organizzativo del movimento. Scontratisi con le resistenze delle altre correnti, diedero vita a due nuove organizzazioni di tendenza: i Gruppi Anarchici d'Azione Proletaria (GAAP), nati nel 1951 dalla rottura con la FAI, e la Fédération Communiste Libertaire (FCL), nata nel 1953 dall'evoluzione della FA. Pier Carlo Masini e Georges Fontenis, tra i principali protagonisti di queste esperienze politiche, strettamente intrecciate tra loro, ce ne offrono una testimonianza nelle interviste che seguono.

Pier Carlo Masini: le divergenze nella FAI e la nascita dei GAAP

«Personalmente collaborai alla rivista "Volontà" con[...]un'interpretazione di Malatesta dal titolo Malatesta vivo. Devo dire che quest'ultimo lavoro era palesemente in contrasto con l'indirizzo della rivista e con il pensiero dei suoi redattori.

Questi avevano pubblicato una raccolta di scritti malatestiani nelle edizioni di "Volontà" che valorizzavano più il Malatesta moralista e umanista che non il Malatesta agitatore e organizzatore rivoluzionario, che per me in quegli anni era ben più importante e soprattutto più vero. Questa fu la prima crisi dei nostri rapporti che sfocerà in polemica aperta al Congresso di Livorno della FAI del 1949.

L'editoriale della rivista[intitolato]"Antipolitica" pubblicato il 15 aprile di quell'anno fu la miccia che dette fuoco alle polveri, facendo esplodere il conflitto fra due modi contrapposti di concepire l'anarchismo. Da una parte, un anarchismo diffidente verso ogni forma di organizzazione permanente e di impegno politico programmatico, molto più attento, con spunti innovatori, a questioni marginali come appunto il controllo delle nascite, le esperienze pedagogiche, le riforme di costume; dall'altra, quelli come me che operavano per un rinnovamento dell'anarchismo tradizionale. A noi premeva molto l'impegno politico dell'anarchismo, proposte, programmi[...]. L'anarchismo antipolitico proposto da "Volontà" appariva a noi giovani come una bandiera stinta, da profeti disarmati, un anarchismo in negativo, cui opponevamo un movimento organizzato, impegnato nella propaganda e nel proselitismo, presente in fabbrica e nei sindacati» (1).

«Io ero e sono ancora un organizzatore convinto, nel senso che il movimento deve essere definito nei suoi contorni, definito ideologicamente, da una base programmatica, che accomuna gli aderenti a questa carta dei principi, chiamiamola come vuoi, programma, in cui tutti sono convinti che questo programma, da aggiornare di volta in volta, è quello che unisce questa compagine. Questa compagine ha dei contorni definiti, chi è dentro è dentro chi è fuori è fuori, non c'è la libertà di accesso nel senso di "faccio una giratina nel movimento anarchico e poi me ne vado".[...]Ho avuto esperienze amare e quindi una certa difesa ci vuole. Anche dall'ingresso di elementi anomali, nel senso che, ributtati da tutti i partiti per il loro spirito di irregolari istintivi, trovano le porte aperte dell'anarchismo e ci si infilano. Trovano accoglienza, simpatia umana ecc. Alcuni diventano bravi compagni, dei bravi militanti, altri sono elementi di rottura, di zizzania, di rissa continua all'interno del movimento.[...]

Il movimento anarchico italiano è stato per la metà un movimento spontaneo nato dal territorio, dall'ambiente, dalle circostanze politiche della tradizione italiana, e per l'altra metà è stato una proiezione dei compagni americani e soprattutto della[loro]potente, non so se chiamare organizzazione, associazione di fatto e di diritto. Una associazione basata sul potere carismatico dei redattori de "L'Adunata dei Refrattari" che attraverso i pic-nic ed altri tipi di riunione, raccoglievano fondi in tutti gli Stati Uniti, da parte degli immigrati italiani di spirito libertario. Perché là non c'è mai stato un movimento organizzato, al massimo, a livello di gruppo, di nucleo, ma poco anche quello.[...]

Questo movimento americano, con le proprie caratteristiche, ha avuto sempre il proposito di influenzare il movimento italiano all'ispirazione

"galleanista".[...]E' una delle tante correnti che popolano il mondo anarchico e se è influenza spirituale, ideologica, intellettuale: va bene. Ma se tu mandi nel movimento italiano, dei fiduciari a delegare e cerchi di dirigere in modo sotterraneo non visibile, non trasparente, il movimento anarchico, avendo il monopolio dei fondi, dei contatti che sono più importanti dei fondi ecc.: allora questo è peggio dell'organizzazione palese. Perché è l'organizzazione settaria, conventicolare che va bene per i massoni[...].

Ad un certo punto però è nato dissenso ed hanno scatenato la campagna contro di me.[Nel 1951]si sono costituiti i GAAP, Gruppi anarchici di azione proletaria – una organizzazione a sé stante – che nella mia visione delle cose, poteva coesistere.[...]Noi ad esempio prestavamo più attenzione all'attività sindacale, bastava ci lasciassero lavorare visto che non c'era nessun altro.[...]Invece loro si misero in testa di espellermi[dalla FAI].[...]Quindi espellerci, considerarci reietti, eretici: questo pensavano gli americani, i quali avevano la paura del comunismo, del marxismo mentre noi qualcosa della cultura di Gramsci l'avevamo. Avevamo scoperto consonanze con alcune delle

nostre posizioni, perché c'erano nel gramscismo degli elementi utilizzabili (anche se non tutti, altri sono incompatibili). Eravamo diventati i più intransigenti, i più duri» (2).

Georges Fontenis: le divergenze nella FA e la nascita della FCL

«Quando il movimento libertario si ritrovò nel congresso dell'Ottobre 1945 a Parigi, scegliemmo di chiamarci Fédération Anarchiste (FA), ma si trattava davvero di una federazione che cercava di unire persone troppo diverse tra di loro, era proprio la "sintesi". C'erano quelli che noi chiamavamo "i ciarlatani", c'erano gli anti-religiosi che si impegnavano in attività contro la religione, c'erano alcuni sindacalisti, c'erano i letterati, i mezzi-filosofi come Charles-Auguste Bontemps... C'erano fondamentalmente due correnti. Da una parte quelli che potremmo chiamare gli "intellettuali" e dall'altra i giovani e gli operai.

Fu tra questi che si intravedeva quella mentalità che corrispondeva grosso modo alla Piattaforma, che si accostava ai ricordi, ancora vivi tra i più anziani, delle lotte degli anni Venti intorno alla Piattaforma. Non dimentichiamoci che la Union Anarchiste (UA) prima della guerra venne fortemente influenzata dalla Piattaforma, soprattutto tra il 1927 e il 1930[...].

Così, la coesistenza di queste due tendenze divenne impossibile. A quelli di Bordeaux, ad esempio, non interessava altro che l'anticlericalismo, e quando si parlava d'altro sparivano e basta. Organizzavano giri di conferenze che non avevano

nessun contenuto anarchico specifico, ma solo discorsi contro la religione e sul libero pensiero. Non sto dicendo che tutto ciò fosse sbagliato o inutile, ma che non era sufficiente. Ricordo alcuni militanti socialisti del mio quartiere che mi dicevano: "Ti sei impantanato nelle acque paludose dei tuoi predicatori!", e non sapevo cosa rispondere. Avevano in gran parte ragione.

Fin dall'inizio c'era una falsa unione tra due correnti che erano molto diverse. Da un lato persone come Aristide Lapeyre ed i suoi amici che si accontentavano di fare l'apologia dell'anarchismo selvaggio e dall'altro tutti i giovani scalpitanti di rabbia e rivendicazioni. C'erano riunioni in cui ci si confrontava. Me ne ricordo una al numero 10 di Rue de Lancry a Parigi, in cui Aristide Lapeyre parlò a lungo sulla libertà dell'Uomo, con la "U" maiuscola, quando Nédélec, un operaio della Renault della corrente rivoluzionaria, iniziò ad attaccarlo senza esitazione: "Le cose non stanno così, alla Renault. Lì dobbiamo lottare, combattere", disse. Al che Lapeyre rispose: "Ma compagno, tutti possiamo vedere che sei giovane ed impaziente, ma noi siamo i soli ad avere ragione, mentre tu ti butti all'avventura", e così via. Povero Nédélec, rimase senza risposta e se andò. E anch'io volevo andarmene.

Eravamo nella stessa organizzazione, ma in realtà eravamo due organizzazioni: i piattaformisti e gli umanisti, per semplificare un po'. Ben presto la situazione di contrapposizione peggiorò.[...]Alla fine giungemmo ad una situazione in cui gli umanisti ammettevano la possibilità di poter costituire correnti interne. E fecero la loro corrente, sebbene non ne parlassero mai. Parlavano sempre della nostra corrente,

la tendenza piattaformista Organisation-Pensée-Bataille (OPB), ma non parlavano mai della loro corrente organizzata nella Commission d'Études Anarchistes (CEA).

Infatti c'erano due tendenze, due modi di scrivere, due modi di agire, due modi di fare attività. Le cose andarono avanti così fino al congresso successivo con crescenti e violenti scontri. Siamo arrivati a dirci le cose molto chiaramente, come si usa in famiglia, e la FA entrò in una fase di sopravvivenza. Fino al congresso di Bordeaux del Maggio 1952, quando qualcuno se ne uscì. I primi ad andarsene furono quelli che noi chiamavamo "ciarlatani".

Al congresso di Parigi nel Maggio 1953 ci fu la rottura[da cui nacque la FCL], poiché i nostri compagni piattaformisti dei gruppi di Parigi-Nord, Aulnay-sous-Bois ed altri presentarono dei documenti rivoluzionari che i sintetisti non accettarono. Così noi gli chiedemmo: "Li accettate, sì o no? Siamo noi la mag

gioranza, sì o no?", e loro uscirono. Perché non fu proprio una scissione. Venne chiamata scissione per convenienza, ma quello che accadde fu che i puristi e i sintetisti se ne andarono e ci lasciarono soli.

Da parte nostra, avevamo i gruppi più attivi, alla Renault ed alla Thomson, per esempio, o quelli nei quartieri operai e nei sobborghi di Parigi, ad Aulnay-sous-Bois, Bondy, Parigi-Nord, Parigi-Est. Alcuni membri di questi ultimi due gruppi erano certamente piattaformisti, anche se il termine non era molto usato all'epoca. Avevamo anche compagni attivi in provincia, dove qualcuno aveva sentito parlare della Piattaforma e ci aveva contattato. Comunque, nonostante la rottura

con gli umanisti, la FCL rimaneva una forte organizzazione rispetto alla FA, e giunsero anche nuovi gruppi.[...]

Quanto ai puristi, hanno formato la loro[nuova]federazione anarchica nel 1953 ma non avevano nulla in comune tra loro. Maurice Joyeux non aveva niente da spartire con uno come Aristide Lapeyre, ad esempio.[...]Tra i puristi della FA c'erano soprattutto piccoli commercianti, venditori ambulanti, piccoli artigiani.[...]Per loro il proletariato non aveva nessun significato, quello che era importante era "l'Uomo". "Uomo" con la "U" maiuscola: "l'Uomo deve essere libero", e così via. Invece chi stette poi nella FCL erano operai, giovani e studenti» (3).

Note:

(1) Tratto dall'intervista a Pier Carlo Masini a cura di Lorenzo Pezzica, in "Volontà", numero speciale Cinquant'anni di Volontà. Indici 1946-1996, 1997.

(2) Tratto dall'intervista a Pier Carlo Masini a cura di Alberto Ciampi, in "Bergomum", a. XCVI, n. 3, 2001.

(3) Tratto dall'intervista a Georges Fontenis a cura di José Antonio Gutiérrez, Reignac-sur-Indre, 19 Febbraio 2005, https://www.anarkismo.net/article/17353.

Notizie bio-bibliografiche:

Su Masini v. Maurizio Antonioli et al. (dir.), Dizionario biografico degli anarchici italiani, vol. II, BFS, Pisa, 2004.

Su Fontenis v. Marianne Enckell et al. (dir.), Les anarchistes. Dictionnaire biographique du mouvement libertaire francophone, Éditions de l'Atelier, Ivry-sur-Seine, 2015.

Nelle immagini:

F1. IV Convegno Nazionale della FAI (Canosa di Puglia, 22-24 Febbraio 1948). A destra Pier Carlo Masini, a sinistra Cesare Zaccaria del gruppo di "Volontà" (Archivio Famiglia Masini, Cerbaia Val di Pesa);

F2. Notizia della Conferenza Nazionale Anarchica "Per un movimento orientato e federato" (Genova-Pontedecimo, 24-25 Febbraio 1951) in cui furono costituiti i GAAP ("L'Impulso", a. II, n. 11-12, Novembre-Dicembre 1950);

F3. Notizia dell'VIII Congresso Nazionale della FA (Parigi, 23-25 Maggio 1953) in cui fu costituita la FCL ("Le Libertaire", a. LVI, n. 362, 28 Maggio 1953);

F4. Parigi, metà anni Cinquanta. Georges Fontenis, al centro di profilo, con altri militanti della FCL (Fonds d'Archives Communistes Libertaires, Montreuil).

Sull'argomento sono disponibili le seguenti pubblicazioni di AL/FdCA:

Guido Barroero (a cura di), I Figli dell'Officina. I Gruppi Anarchici d'Azione Proletaria (1949-1957), Centro Documentazione Franco Salomone, Fano, 2013.

Nestor McNab (a cura di), La Piattaforma Organizzativa dei Comunisti Anarchici. Origine, dibattito e significato, La Giovane Talpa, Cernusco sul Naviglio, 2007.

Nestor McNab (a cura di), Manifesto del Comunismo Libertario. Georges Fontenis e il movimento anarchico francese, Centro Documentazione Franco Salomone, Fano, 2011.

Richiedere a: ilcantiere@autistici.org.

http://alternativalibertaria.fdca.it/
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