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(it) Italy, FAI, Umanita Nova #12-25: Lottare fino all'ultimo miglio. Strage del Moby Prince (ca, de, en, pt, tr)[traduzione automatica]
Date
Thu, 29 May 2025 09:35:26 +0300
Sono passati 34 anni dalla strage del traghetto Moby Prince in cui
morirono 140 persone, tutti i passeggeri e l'equipaggio della nave,
tranne un unico superstite. In questi lunghi anni i familiari delle
vittime hanno condotto una determinata e dolorosa lotta per la verità e
la giustizia, mai riconosciute dalle istituzioni che finora non hanno
fatto altro che coprire le responsabilità di armatori e autorità. Una
strage che spesso viene annoverata tra i cosiddetti misteri d'Italia ma
la cui dinamica è, almeno in alcuni elementi fondamentali, terribilmente
chiara. Alle 22:03 del 10 aprile 1991 partiva dal porto di Livorno il
traghetto Moby Prince diretto ad Olbia in Sardegna. Non appena uscito
dal porto, alle 22:25, il traghetto entrava in collisione con la
petroliera Agip Abruzzo (proprietà SNAM, oggi ENI), che si trovava
ancorata in posizione vietata, nel cono di uscita del porto, carica di
prodotto incendiatosi in seguito allo scontro. Il rogo si propagava
anche all'interno del traghetto, diffondendosi rapidamente. Le pessime
condizioni di sicurezza in cui viaggiava il Moby Prince, che era di
proprietà della Nav.Ar.Ma dell'armatore Onorato, e la non gestione dei
soccorsi da parte della Capitaneria di Porto di Livorno - di fatto solo
il mattino seguente i soccorritori salirono a bordo del traghetto,
mentre l'equipaggio della petroliera fu portato in salvo tempestivamente
- ebbero certo un ruolo determinante nel provocare quella che è
ricordata come una delle più gravi stragi in mare e sul lavoro.
Come ogni anno, lo scorso 10 aprile si sono tenute a Livorno le
principali iniziative per l'anniversario della strage. Molti i familiari
presenti sia alla commemorazione nella sala consiliare del Comune di
Livorno, sia alla manifestazione che ha attraversato il centro della
città fino alla lapide in memoria delle vittime al porto. Il presidente
della terza commissione parlamentare di inchiesta incaricata di
individuare le cause del disastro, intervenuto nella sala consiliare ha
annunciato - commuovendosi - che i lavori della commissione sarebbero
prossimi a concludersi, che l'indagine sarebbe ormai "all'ultimo
miglio". Espressione ripresa da vari politici presenti, alcuni anche di
rilievo nazionale, che sono stati presenti in modo particolarmente
visibile quest'anno. Forse una presenza istituzionale che voleva
bilanciare l'indignazione dei familiari di fronte alle parole del
procuratore di Livorno Agnello, che poco più di un mese fa, ascoltato
dalla commissione parlamentare ha - tra le altre cose - tirato in ballo
la nebbia tra le cause del disastro. Una versione spesso usata in
passato per coprire le varie responsabilità e far passare tutta la
vicenda come una "tragica fatalità". Certo, se la commissione fosse
davvero prossima alla conclusione dei lavori, e dovesse riconoscere
ufficialmente anche solo alcune delle responsabilità eccellenti che da
anni i familiari denunciano, sarebbe il risultato di anni di tenace
lotta da parte dei familiari stessi assieme alle realtà che sempre sono
state solidali con loro.
Questo è quanto ha sostenuto nel proprio intervento anche Giacomo Sini,
figlio di una delle vittime e compagno della Federazione Anarchica
Livornese. Riportiamo di seguito alcune parti del suo discorso tenuto il
10 aprile scorso nella sala consiliare:
«Si parla di ultimo miglio, siamo alla fine, ci sono state tre
commissioni parlamentari d'inchiesta. Non una o due, addirittura tre, e
la terza ancora sta lavorando. È vero che tutte hanno lavorato in
maniera assidua ed anche bene, con spunti interessanti. Ma quegli spunti
sono arrivati grazie solo al lavoro estenuante e doloroso che è stato
fatto da noi parenti delle vittime. C'è l'esigenza di consegnare una
verità storica. Ma cosa è la verità storica senza la giustizia? Niente.
La verità storica l'abbiamo già fatta noi parenti delle vittime, con le
nostre lotte e battaglie portate avanti negli ultimi 34 anni. La verità
storica è venuta fuori dalle piazze, dai movimenti, dalla solidarietà
che ci è arrivata anche da parenti di vittime di altre stragi, come
Viareggio. La verità storica viene dall'aver puntato il dito - facendone
i nomi - contro i reali colpevoli della vicenda. Però la verità storica
è anche fatta da battaglie che sono state condotte in questa città. Una
verità storica completa è quella che tiene di conto di queste battaglie.
Battaglie portate avanti anche da persone che oggi purtroppo non possono
più parlare perché sono passati 34 anni.
La verità storica consiste anche nel considerare la battaglia contro la
compagnia armatrice, ed oggi qua in comune mi sorprende che ancora non
sia stato fatto il suo nome, quello di un colpevole, quello della
compagnia armatrice Nav.Ar.Ma. e dei suoi padroni. Noi in 34 anni lo
abbiamo sempre ricordato ed abbiamo sempre puntato il dito contro essa.
Perché, se noi abbiamo lanciato delle accuse negli anni, non lo abbiamo
fatto - come invece ha fatto la magistratura - verso chi su quel
traghetto ci lavorava, che fosse l'equipaggio o chi conduceva la nave.
Perché non è chi sale sopra ad un traghetto che commette errori. Quella
notte non ci fu alcun errore da parte dell'equipaggio. Quando noi
lanciamo accuse su alcune problematiche che c'erano a bordo del
traghetto, lo facciamo contro chi quelle navi le mette in mare, quindi
il padrone, l'armatore, e questo deve essere chiaro una volta per tutte.
Quando parliamo di errori lo facciamo quindi in riferimento al "prima"
ed alle condizioni di sicurezza dei traghetti Nav.Ar.Ma. Se quindi
vogliamo una verità storica completa e reale dobbiamo parlare anche
delle responsabilità dell'armatore e dei problemi che quel traghetto
aveva. Ed allora esigo che questa terza commissione vada a rivedere ciò
che si diceva anche nella prima commissione, le audizioni, ciò che i
nostri avvocati di parte civile esponevano e che sono stati considerati
nei lavori della prima commissione»
Si fa qui riferimento innanzitutto all'impianto antincendio sprinkler,
che era spento, come segnalato anche dall'ingegnere La Malfa. Se fosse
stato acceso, gli ambienti si sarebbero probabilmente raffreddati e
qualcuno sarebbe probabilmente sopravvissuto, se fossero arrivati i
soccorsi. C'è poi la questione dei cali di tensione alla radio VHF del
Moby Prince che quindi non funzionava adeguatamente. Anche Tomasin, che
fu marconista del Moby Prince prima della strage dice che il VHF avrebbe
"avuto dei problemi: c'erano falsi contatti tra due fili e la saldatura,
a causa delle vibrazioni o degli scossoni, non era ben fatta e non
reggeva". Immaginiamoci quindi per uno scontro tra il traghetto e la
petroliera cosa può accadere all'impianto. Infine, c'è la questione del
non funzionamento di un radar dei due in dotazione alla nave. Bachechi,
dipendente "Telemar" che era stato chiamato sul Moby Prince per una
riparazione dice: "arrivai ad un certo punto del lavoro per cui
occorrevano parti di ricambio, dei pezzi che non erano disponibili per
cui non potevamo ultimare questa riparazione, poi non c'è stato un
seguito perché al tempo l'obbligo prevedeva che solo un radar dovesse
funzionare. Quel radar portava l'immagine dalla parte opposta, è come se
l'osservatore lo guardasse dal di dietro. Come rappresentazione è come
se si spostasse tutta l'immagine di 180°".
«Vedere il presidente della commissione che si emoziona - ha inoltre
detto Giacomo Sini - fa solo piacere, perché significa che la nostra
vicenda vi è arrivata al cuore ed allora, se così è, tutto ciò deve
arrivare anche al cuore del procuratore perché noi ci chiediamo spesso
ora "che fare?" ed è già stato ricordato da altri parenti prima di me,
c'è ancora aperta l'inchiesta per strage alla Procura di Livorno, ed il
dolo è dimostrato dalla volontà ad esempio della Capitaneria di porto di
non salvare le 141 persone a bordo del traghetto.
È vero, il procuratore ha ricordato delle cose ormai passate, è
ritornato su dei punti che ormai sono stati chiariti ed appurati come
falsi, ma bisogna anche leggere tra le righe della sua audizione. La sua
disamina era una lettura dei fatti a lui pervenuti tramite documenti e
lavori dei suoi predecessori. Agnello non è un nostro avvocato di parte
civile, è un Procuratore della Repubblica e quando dalla sua bocca
escono delle considerazioni di un certo tipo, vanno considerate perché
significa che qualcosa dalle indagini in corso della magistratura
livornese esce fuori. Sono fondamentali, ad esempio, le considerazioni
in merito, ad esempio, alla sicurezza che la AGIP Abruzzo non fosse in
una posizione corretta, ma in zona di divieto d'ancoraggio, cosa che
dalle aule della procura non era mai venuta fuori in maniera ufficiale.
Il procuratore si chiede come sia possibile che la Capitaneria
permettesse una pratica del genere.
Oltre a ciò, seppur fosse già stato menzionato in passato, si è spinto a
ricordare la totale mancanza di coordinamento dei soccorsi e non meno
importante il depistaggio fatto sulla materia di definizione dei tempi
di sopravvivenza a bordo, che sono stati di svariate ore e non di 30
minuti. È stato infatti ricordato il caso di Rodi, il cui corpo è stato
filmato la mattina integro, steso sul Ponte Sole 2 di poppa, segno che
era riuscito a salirvi solo poco tempo prima. Quando il traghetto viene
rimorchiato in porto, in un filmato di poco successivo, la sua salma
finisce combusta come le altre intorno a lui. Agnello ha anche
ricordato, chiamandolo "ambiguo", l'accordo assicurativo tra Nav.Ar.Ma.
ed ENI nel quale le due compagnie non si accusavano a vicenda, ma anzi,
trovavano un punto d'incontro sul coprire da una parte i risarcimenti
alle vittime e dall'altra i danni ambientali provocati dalla strage. Il
procuratore parla di nuove intercettazioni fatte ed ascoltate dalla
stessa magistratura, novità questa che è stata resa pubblica in
audizione, impegnandosi a tentare di iscrivere nel registro degli
indagati dei soggetti che, se non indiziati in passato potrebbero,
essere accusati oggi. Tutte queste cose le abbiamo sempre dette. Agnello
ci ha ascoltato? Forse. Ha ascoltato e letto le considerazioni delle
commissioni d'inchiesta? Sicuramente. È importante quindi oggi cercare
di capire dove vuole arrivare la Procura di Livorno perché è ancora
aperta l'inchiesta per strage e su quello noi dobbiamo puntare e non ci
dobbiamo fermare».
D.A.
https://umanitanova.org/lottare-fino-allultimo-miglio-strage-del-moby-prince/
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