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(it) Italy, FAI, Umanita Nova: La casa di Adria. Ricordo di Adria Marzocchi (ca, de, en, pt, tr)[traduzione automatica]
Date
Thu, 27 Feb 2025 09:24:13 +0200
Nella casa di Adria trovano posto la storia, le passioni per le grandi e
le piccole cose, la buona cucina e le tante persone che hanno percorso
il lungo corridoio carico di libri. ---- Se la vita del "babbo" (alla
toscana) Umberto Marzocchi è stata dettagliatamente raccontata in un
bellissimo libro - "Senza frontiere", di Giorgio Sacchetti, pubblicato
nel 2005 - forse non tutti sanno egli venne a vivere a Savona
nell'estate del 1920, reduce dai tragici fatti di Sarzana del luglio di
quell'anno. In questa città viveva infatti da alcuni anni la sua
fidanzata, la giovane e bella Elvira Angella, l'amore della sua vita. I
due si sposarono nel Municipio di Savona il 4 aprile 1922, andando poi a
vivere insieme ai genitori di lei in un appartamento di via Guidobono.
Oltre all'amore, Umberto ed Elvira erano accomunati dall'ideale, vissuto
in maniera forte, intensa, con convinzione e determinazione. Ma i tempi
erano amari e funestati dai cupi venti della reazione. Così, quando
all'inizio di agosto del 1922 le Camicie Nere avevano occupato il
Municipio cittadino, dove Umberto aveva trovato lavoro come impiegato
presso gli uffici del censimento comunali, lui ed Elvira erano stati
costretti ad allontanarsi da Savona e a trovare riparo in Francia, per
evitare i soprusi e le violenze compiute dai fascisti.
Adria, la loro primogenita, nacque il primo gennaio del 1923 a Savona;
in quella stessa città, tre anni e mezzo dopo, il 20 luglio 1926, nacque
poi la loro seconda figlia, Marisa. Vennero alla luce a Savona perché
Elvira desiderava fortemente che entrambe le loro figlie venissero alla
luce accolte dalle braccia delle sue sorelle e dei suoi fratelli.
Andarono a vivere a Lille, nel Nord della Francia, dove aprirono una
libreria, trasferendosi quindi a Parigi.
Negli anni successivi Adria avrebbe sempre ricordato con dovizia di
particolari la vita di quegli anni, trascorsa in terra straniera, in
modo avventuroso e turbolento, sempre sul limite dell'evento imprevisto
che avrebbe potuto condurre lei e i suoi genitori alla rovina: non
avrebbe mai dimenticato i tanti nomi falsi, sempre diversi, adottati per
non essere identificati dalla polizia, i tanti episodi degni delle
pagine di un romanzo che avevano caratterizzato la sua giovinezza così
come le gite in campagna con gli anarchici e i socialisti fuoriusciti,
l'emozione provata assistendo per la prima volta ad una rappresentazione
teatrale a Parigi (una passione, questa, che la avrebbe accompagnata per
tutta la sua esistenza), le tante matineè al cinema con sua sorella
Marisa e il cugino Dado.
Furono periodi molto critici, ma anche momenti belli, come Adria amava
ricordare.
Poi gli anni erano corsi via, veloci, con il cuore in gola. Ricordava
bene ciò che aveva provato nel cuore quando il suo papà Umberto, nel
1936, era partito per la Spagna per andare a dare il suo contributo
fondamentale al fronte rivoluzionario spagnolo, nella lotta che si stava
combattendo in quella terra contro il franchismo. Era poi venuta la
svolta restrittiva della politica francese in tema di immigrazione, a
partire dal 1938, che aveva costretto gli esuli antifascisti alla fuga o
all'arruolamento nella Legione Straniera. Anni durissimi, indicibili, di
attesa, di sofferenze, in cui il Male sembrava essere sul punto di
trionfare, inesorabile.
Tra coloro che, in quel giugno del 1940, si allontanarono da Parigi,
alle cui porte erano ormai le truppe naziste, c'erano anche loro tre:
Elvira, Adria e Marisa. Percorreranno a piedi più di 300 km. sotto i
bombardamenti, assillate dall'ansia continua di poter essere esposte a
possibili atti di violenza, come donne, allora di 40, 17 e 14 anni, da
parte di qualche bruto. Questa tremenda esperienza le segnerà
profondamente, per sempre. Tanto che, negli anni successivi, ricordando
il periodo della guerra, Adria sarebbe arrivata a dire di avere avuto
più paura degli uomini che delle bombe.
Vissero ancora un anno e mezzo in Francia, nel periodo terribile
dell'occupazione tedesca, senza risorse e con mille difficoltà. Poi,
alla fine, furono rimandate in Italia. Alla frontiera gli Italiani
chiesero loro se erano di razza ariana. Rientrate nella loro Savona, nel
febbraio del 1941, in pieno conflitto, Elvira, insieme alle sue figlie,
andò ad abitare per un breve periodo con suo padre Pietro e la famiglia
di sua sorella Gemma (rientrata in precedenza dall'Italia) nel piccolo
appartamento di via Vaccioli n. 8 interno 2 degli Angella: una grande
famiglia di libertari ad eccezione di Carlo, comunista intransigente.
Poi, nell'aprile del 1942, Elvira Angella si trasferì a La Spezia,
andando a stare a casa della suocera Adria Mainardi Passerotti.
Adria, ormai ventenne, aveva abbracciato senza incertezza le idee del
suo babbo facendole sue. E riusciva a spiegarle semplicemente a chi le
era vicino, anche quando a vivere sfollata a Corniglia. In quel periodo,
per andare a lavorare a La Spezia e per raggiungere il suo posto di
lavoro alla pubblica istruzione del Comune, lei che aveva fatto la
scuola in Francia, faceva 20 km. a piedi, se non riusciva a salire su un
treno. Poi, quando rientrava a casa, sveniva per la stanchezza.
Dopo la Liberazione, Adria, Marisa e la loro mamma Elvira tornarono a
Savona. Erano i primi mesi della rinascita, tutto sembrava più bello, si
ricominciava a vivere. Poi, finalmente, nel novembre del 1945, dopo 23
anni di esilio, Umberto Marzocchi fece invece rientro a Savona,
riunendosi alla moglie Elvira e alle figlie Adria e Marisa. Subito dopo,
tutti e quattro, finalmente riuniti, riuscirono ad ottenere di poter
andare a vivere in una casa popolare in piazza Bologna.
Umberto Marzocchi iniziò subito ad andare in giro per l'Italia,
partecipando a comizi e prendendo parte ai congressi e ai convegni degli
anarchici italiani.
Nel frattempo, nel 1953, Adria sposò Stelio Casati, un autentico "mito"
per i bambini che frequentavano allora la loro casa: Stelio, che aveva
conosciuto ad una festa organizzata dai repubblicani e che era stato
prigioniero in Germania per non aver voluto aderire alla Repubblica
Sociale Italiana quando era stato arrestato come militare il 12
settembre 1943. Dopo il matrimonio i due andarono a stare con i genitori
di lei in piazza Bologna, trasferendosi in seguito a vivere nello stesso
palazzo di via privata Istria dove abitava Marisa e suo marito Lino
Pinetto, all'ultimo piano, sopra di loro.
Entrare nella casa dove Adria trascorse, da allora, gli anni successivi
della sua vita è emozionante. Appena si entra in quell'appartamento di
via privata Istria 6 interno 7 si viene accolti da una libreria
stracolma di libri, dal pavimento al soffitto. Sfogliare le pagine di
quei testi può dare l'idea dello spessore di cultura e umanità che
caratterizzava l'esistenza di Adria Marzocchi. Non troviamo infatti solo
libri che trattano argomenti politici, incentrati sugli ideali anarchici
e libertari, ma anche testi di storia, d'arte, monografie su Puccini
così come romanzi e antologie di racconti dei maggiori autori degli
ultimi due secoli. Sulla sinistra c'è ancora quella che per tutti, in
famiglia, è ancora oggi la stanza di nonno Umberto, quale nel frattempo
era diventato l'anarchico Marzocchi, dove trascorreva il tempo studiando
e scrivendo articoli che poi, seduto al tavolo della cucina, avrebbe
letto ad Adria.
Adria aveva ereditato il posto di Elvira, morta prematuramente nel 1969.
Con un pizzico di autoironia, la figlia primogenita di Umberto Marzocchi
amava dire di se stessa: «faccio la casalinga, ma nel frattempo correggo
le bozze del babbo». Lui la ascoltava e le dava retta.
E avrebbe raccolto il suo testimone negli anni Ottanta, intervenendo a
sorpresa, ogni tanto, alle riunioni del giovane gruppo "Pietro Gori",
apparendo d'improvviso sulla soglia della sala per "dire la sua", con
forza, vigore e decisione, tornando poi alle sue faccende. Sì: Adria si
riteneva libera più che militante...
Ebbene, questa casa di via privata Istria è sempre in movimento, e lo
sarà per sempre. I compagni e gli amici, in questi anni, sono sempre
stati accolti come lei desiderava: arrivavano, mangiavano, dormivano sul
divano, parlavano, perché con Adria era impossibile non parlare (anche
se c'era qualcuno che resisteva, come Marco di Livorno). Il suo
desiderio era sempre lo stesso: conoscere la vita delle persone,
scoprire chi erano. La sua dote, in fondo, era quella di far sentire gli
altri compresi, amati, creando rapporti di empatia, costruendo dei ponti
di umanità. Molti sono ritornati nella sua casa per anni: dopo esservi
entrati per la prima volta da ragazzi, vi hanno poi portato le loro
compagne e i loro figli, come Didier con Cecile e i figli Carol e
Florian o Michele con Nora e Giada.
Tutto, in quella casa, si riempie di ricordi e di vita, di vita vissuta
intensamente. Su ogni angolo, su ogni parete ci sono fotografie dei
piccoli che sono arrivati nel corso degli anni (c'è Zoe, la figlia di
Claudio Venza, compare Martina, la figlia di Bruno ed Elpidia, ci sono i
figli di Monica, quelli di Vincenzo e Antonella, c'è Alessandro, il
figlio della nipote Diddi, appaiono ridenti Giacomo, Mattia e Veronica,
i figli di Giordano e Laura e tanti, tanti altri). Attaccate al muro,
con lo scotch o con le punaises, le puntine colorate, sono le cartoline
dei tanti viaggi compiuti, i manifesti delle mostre visitate o dei film
in bianco e nero che hanno fatto la storia del cinema e che avevano
emozionato Adria. I fiocchi dei regali di Natale acquistano il loro
valore e vengono annodati un po' dappertutto, persino sullo sciacquone
del water. Un tripudio di colori.
Negli ultimi anni, anche se poteva ancora muoversi agevolmente, la vita
di Adria si è svolta principalmente sul lettone della sua camera da
letto. Anche qui non manca nulla: libri, riviste e giornali, che è
riuscita a leggere, interessata e innamorata com'era di tutto, quasi
sino alla fine dei suoi 102 anni di vita. C'è anche la trousse dei
trucchi, perché per Adria la bellezza è sempre stata un elemento
prezioso, fondamentale nella sua esistenza. I suoi capelli, con il
trascorrere del tempo, sono diventati come le increspature del mare di
settembre nelle giornate di vento. Capelli candidi che la sua fedele
parrucchiera Cristina veniva a curare a domicilio. Non mancano i bijoux,
i dolcetti e il televisore, grazie al quale, quasi fino all'ultimo, ha
seguito i dibattiti politici, che commentava sempre con straordinario
acume, i programmi sulle arti, le monografie sui vari personaggi o le
sue soap opera preferite, che guardava avendo la sorella Marisa stesa
sul lettone accanto a lei.
Adria ha sempre avuto fiducia nei giovani e amava parlare e discutere
con loro. Parlava con loro di tutto, non solo dell'Anarchia.
Negli ultimi tempi era molto preoccupata della vittoria della Destra.
Diceva: «Sono tornati i fascisti, resteranno altri vent'anni... Non
voglio andarmene ora, con loro al potere». Non poteva credere che tutto
fosse ricominciato, come allora.
Quando si è concluso il tuo ciclo, Adria, a salutarti davanti alla sede
del gruppo anarchico "Pietro Gori" c'era un'umanità numerosa e varia;
dei giovani che sono cresciuti con le tue panzanelle e le tue patate
fritte non mancava nessuno, nel corpo o nello spirito.
Per molti di noi la tua casa è stato un nido. Hai fatto tanto, hai dato
tanto. Gran parte di te continua oggi, nella tua assenza, nella tua
presenza, grazie a Tiziana.
Gruppo anarchico "Pietro Gori" - FAI Savona
https://umanitanova.org/la-casa-di-adria-ricordo-di-adria-marzocchi/
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