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(it) Italy, UCADI #193 - Una nuova frontiera per l'Europa (ca, de, en, pt, tr)[traduzione automatica]

Date Thu, 27 Feb 2025 09:23:51 +0200


Per far fronte all'attacco portatole dalla capitalismo economico e finanziario anglosassone l'Europa sembra puntare ad una partnership con l'America Latina, considerata come lo spazio di espansione dell'area economica di intervento dell'Unione europea, e questo mentre il mercato cinese sembra chiudersi alla presenza di prodotti europei, sia a causa della polarizzazione dei rapporti tra le diverse aree macroeconomiche e politiche che caratterizzano un mondo ormai multilaterale, sia per effetto del gap tecnologico e dei differenziali relativi all'incidenza dei fattori produttivi sui costi che l'innovazione tecnologica cinese produce consentendole una maggiore competitività.
Un Trattato di cooperazione in campo agricolo presenta tuttavia delle criticità non solo relative alla segnalata incidenza sulla politica agricola comune - vero pilastro costitutivo dell'Unione europea - per effetto della concorrenza che proviene dalla partnership con produttori latino-americani, ma anche perché non tiene conto, a nostro avviso, degli scenari anche economici che la nuova situazione prodottasi nelle relazioni internazionali determina.
Con l'insediarsi della nuova amministrazione negli Stati Uniti, è inevitabile assistere ad un ripiegarsi su se stesso del dominio statunitense che sembra essere arroccato in modo crescente intorno alla difesa di una dottrina Monroe rivisitata, che estende i confini della fortezza statunitense dal controllo del Canale di Panama alla Groenlandia e mira ad inglobare Messico e Canada come parti del "dominio interstatale" statunitense. Non riuscendo a riportare indietro il decentramento produttivo e lo spostamento di attività manifatturiere verso questi paesi in modo da correggere il rapporto fra esportazioni ed importazioni l'amministrazione americana pensa di inglobare le entità statali suddette in un'unica area area economica statuale.
In questo nuovo scenario gioca un ruolo la crisi climatica e la modificazione che essa produce per quanto riguarda un'area strategicamente importante del pianeta, fino a ora assente dalla contesa, per " impraticabilità" a causa del ruolo svolto dalla cosiddetta "la sentinella non pagata", ovvero dal ghiaccio, che fino ad ora ha tenuto bloccate le rotte che passano per l'Oceano Artico e che attraverso questo passaggio molto più agevole di quello attraverso il Capo di Buona Speranza, mettono in collegamento il Pacifico con l'Atlantico[1]. L'intera area è gestita dal Consiglio Artico, composto da otto Stati membri: Canada, Danimarca (incluso il territorio autonomo della Groenlandia), Finlandia, Islanda, Norvegia, Russia, Svezia e Stati Uniti, al quale partecipa come associata la Cina.
Quest'area sta divenendo percorribile a causa del disgelo, attraversata da rotte diverse: dal Pacifico verso l'Atlantico, con passaggio a Nord-Ovest (NWP), che si sviluppa di fatto tutta in territorio canadese. Questa rotta presenta maggiori difficoltà tecniche a causa della conformazione dei fondali e per la presenza di ghiacci più vecchi e resistenti allo scioglimento estivo ma risulterebbe estremamente allettante e conveniente dal punto di vista economico, consentendo l'accesso alle sue risorse, stimato nel 30% delle riserve di gas naturale, il 13% delle riserve di petrolio e vasti depositi sia di metalli cosiddetti vili (quali alluminio, ferro, rame, nichel e stagno), sia nobili (oro, platino e argento), nonché riserve minerarie di uranio e grafite. Inoltre, il che è forse ancor più importante per una società sempre più digitalizzata, per i giacimenti di terre rare, fondamentali per la micro-componentistica, usate nelle tecnologie più svariate, dall'industria aeronautica ai cellulari. Vi sarebbero poi i diritti di pesca, con ricadute enormi in campo alimentare a causa dello spostamento a nord della fauna ittica per effetto del riscaldamento delle acque.
Un'altra rotta consentirebbe il passaggio delle merci dalla costa del Pacifico al Mare del nord, passando per il Mar di Kara fino allo stretto di Bering: la Nord Sea Route (NSR), con un risparmio dei tempi di navigazione tra Asia ed Europa di circa 12 giorni, in media rispetto al percorso che passa per il canale di Suez, con notevoli risparmi non solo in termini di tempo, ma anche di emissioni di CO2 in atmosfera e quel che oggi conta forse di più, in assoluta sicurezza. Ciò sta inducendo la Russia, che detiene larga parte del controllo delle coste, a realizzare una rete di porti serviti da una moderna flotta di rompighiaccio ad energia nucleare, (previsto il varo di 50 nuove navi) che dovrebbero assicurare il transito per la gran parte dell'anno. Il progetto vede la partnership della Cina, la quale partecipa con propri capitali, propri mezzi navali, investendo nella realizzazione delle strutture portuali e attraverso l'incremento della propria flotta commerciale, che dovrebbe consentirle un trasporto più rapido e veloce delle merci dalla Cina verso il mercato europeo, evitando la più lunga, costosa e pericolosa rotta mediterranea, a causa delle turbolenze nel Golfo arabico e ancor più evitando di dover circumnavigare l'Africa, con un aumento dei costi e dei tempi di trasporto decisamente esponenziale.
È del tutto evidente che è una tale rivoluzione delle rotte commerciali realizza un radicale mutamento dei rapporti economici, escludendo e marginalizzando dallo sviluppo l'area storica di relazioni commerciali, costituita dal Mediterraneo che diverrebbe chiuso e inessenziale al commercio mondiale. ma ancor più finirebbe per esaltare ed evidenziare il ruolo economico e strategico della Groenlandia, la quale più che nei progetti di Trump e degli Stati Uniti costituisce un'area di estremo interesse per l'Europa, la quale dispone di buone carte per affrontare il problema poiché, almeno formalmente, il territorio della Groenlandia fa parte integrante di uno degli Stati dell'Unione europea, la Danimarca.

La Groenlandia piattaforma per gli investimenti europei

Se a dirigere la Commissione europea vi fosse una classe politica lungimirante, costituita da leader che programmano agli sviluppi futuri della società e non una compagine di incapaci dementi e stupidamente guerrafondai, certamente la gran parte delle risorse e dell'attenzione dell'Unione dovrebbero essere canalizzate verso investimenti in Groenlandia, considerando che questo territorio è sempre più libero dei ghiacci, di fatto disabitato, e costituisce la piattaforma naturale economica-produttiva che può dare prosperità in futuro al continente europeo, il quale non dispone delle risorse naturali ed energetiche per le proprie attività economiche, ma potrebbe trovare nel territorio della Groenlandia, nelle sue risorse geotermiche, in quelle di minerale, di idrocarburi, gas e quant'altro, e materie prime necessarie a rilanciare la sua debole economia, che proprio di tali risorse ha bisogno.
Certamente un investimento nell'area richiederebbe grandi capitali e molte attenzioni, posto che le condizioni ambientali nelle quali operare sarebbero estremamente avverse, avverrebbero in un clima comunque molto duro e imprevedibile: la presenza di iceberg, le difficoltà di copertura satellitare, lasciano spazio a notevoli rischi per gli uomini che dovranno operare in quell'ambiente, gli equipaggi delle navi e rendono difficoltose, rischiose e costose le operazioni di salvataggio. L'assoluta carenza di infrastrutture di base come porti, aeroporti, collegamenti stradali e ferroviari, rende poco credibile un futuro a breve termine di traffico navale portacontainer su vasta scala mentre è più probabile che le rotte artiche vedano il loro utilizzo nel trasporto di risorse grezze, con navi ed equipaggi altamente specializzati. E tuttavia la disponibilità delle risorse che il territorio della Groenlandia presenta, possibili e probabili sviluppi delle rotte commerciali rendono plausibile e conveniente l'investimento che certamente presenta caratteri strategici e sviluppi.

Il ruolo della Russia e della Cina

Dal canto suo la Russia sembra essere consapevole dell'interesse vitale che quest'area ha per il paese dal punto di vista economico e strategico e in cerca di mantenere il vantaggio tattico acquisito, accelerando la costruzione di infrastrutture e l'insediamento di popolazioni lungo la rotta, in modo da garantire i servizi alle navi che si prevede percorreranno questa via d'acqua, molto importante per il commercio mondiale. La guerra in Ucraina, se da un lato ha portato, con l'adesione della Finlandia e della Svezia alla NATO, a una restrizione degli spazi operativi per i russi, dall'altro ha avvicinato la Russia alla Cina, facendo sì che la collaborazione cino-russa conseguente della spinta occidentale, più che un matrimonio basato su motivi di interesse strategici, costituisse una risposta necessitata all'attacco al quale la Russia stessa è stata sottoposta. Ciò non toglie che i problemi comuni come quelli relativi alla regolamentazione della pesca o la sicurezza in mare, non possono e non debbano essere affrontati con spirito di collaborazione. Ma occorre essere consapevoli che le decisioni prese ora sono quelle che contribuiranno a definire lo stato dell'area nel prossimo futuro, e vanno ponderate attentamente.
La Russia, forte del fatto di essere per estensione lo Stato che ha la popolazione più numerosa che risiede oltre il circolo polare artico, ha ampliato le proprie rivendicazioni a partire dal 2015, supportata dal diritto internazionale al punto che ora si estendono a 463.000 miglia quadrate di fondale, in competizione con Canada e Danimarca, con le quali tuttavia sono in corso negoziati bilaterali nell'ambito della convenzione Onu sul diritto del mare (UNCLOS, non è riconosciuta dagli Stati Uniti). Il suo interesse per quest'area è cresciuto nella misura in cui la guerra d'Ucraina ha avvicinata il proprio asse commerciale all'Asia.
Non è un caso che risalga proprio a 2014 la decisione della Russia riorganizzare le proprie forze militari nell'area creando un Comando Artico con lo scopo di proteggere le strutture militari del territorio, anche costituendo alcune brigate artiche, inquadrate insieme alla Flotta del Nord nel quinto distretto militare russo, a sottolineare la priorità e l'importanza del settore. Il governo russo ha investito più di un miliardo di dollari nella ristrutturazione di tredici aeroporti e nel potenziamento delle stazioni radar con il sistema Sopka-2, che si trova impiegato ad esempio sull'isola di Wrangler, a sole trecento miglia dall'Alaska. Già ora nell'Artico si concentra il 20% del PIL russo, il 22% delle sue esportazioni e circa il 10% di tutti gli investimenti effettuati sul suolo russo. Circa il 75% del petrolio russo e il 95% del gas naturale si trovano nel Nord.
Siamo di fronte ad un'importanza che è destinata solo ad aumentare nei prossimi venti-trenta anni: per la Russia per la quale l'Artico è una zona di interesse vitale, dove la difesa e il controllo del proprio territorio (comprese le acque) e delle sue risorse è condizione essenziale per la sopravvivenza economica dello Stato e il mantenimento del ruolo di grande potenza cui aspira. Tuttavia la gran parte dei progetti di investimento civile, soprattutto in infrastrutture per l'estrazione di risorse naturali e per il trasporto marittimo, sono dipendenti da capitali stranieri, in particolare cinesi.
D'altra parte la Cina ha implementato la sua strategia delle "Vie della Seta con quelle della Via della Seta polare" (Polar Silk Road Initiative), che si declina in investimenti infrastrutturali e di sviluppo delle comunità locali, attraverso la convergenza di capitali, tecnologie e conoscenze cinesi promuovendo la costruzione e posa sul fondale artico di cavi dati per il trasferimento ad alta velocità, in modo da migliorare la comunicazione digitale tra Asia ed Europa, costruendo anch'essa navi rompighiaccio a propulsione nucleare, nonché petroliere e navi cargo pensate per la navigazione polare, con l'obiettivo di rafforzare la sua influenza in quest'area, tanto più ora che, a seguito della guerra in Ucraina la Russia ha riorientato le proprie esportazioni energetiche e minerarie verso l'Asia e attinge a Pechino per ottenere capitali a lungo termine sia di tecnologie per lo sviluppo infrastrutturale del settentrione russo, in cambio soprattutto di risorse energetiche, fondamentali per il consumo e la diversificazione negli approvvigionamenti cinesi. Un esempio è lo Yamal LNG project, un investimento da 27 miliardi di dollari per estrarre, processare e trasportare gas naturale nella penisola di Yamal, frutto di una joint venture tra la CNPC cinese e la russa Novatek.

La competizione con gli Stati Uniti

Prima che attribuire all'Artico un'importanza strategica relativa alla difesa della loro sfera d'indipendenza gli Stati Uniti vedono in quest'area uno spazio di stretta pertinenza di quella che essi definiscono il "cortile di casa". Quando Trump candidamente dichiara di voler "acquistare" la Groenlandia va preso estremamente sul serio. Per gli Stati Uniti l'artico ha un'importanza strategica ed economica al tempo stesso, tanto che ha ottenuto di potervi installare la base di Thule, posta a 1.118 km chilometri a nord del circolo polare Artico e a 1524 km al sud del Polo Nord. Nel 1953 gli Stati Uniti acquistarono il territorio da destinare alla base dal governo danese il quale con l'occasione trasferì le popolazioni Inuit che risiedevano nell'area a 110 km di distanza, costruendo il villaggio di Qaanaaq. Successivamente sono state costruite le basi di Karup, Skrydstrup e Aalborg, nonché al porto di Esbjerg, per la consegna di personale, veicoli e armi.
Tuttavia, pur avendo acquistato il territorio, i diritti di sovranità della Groenlandia rimangono e vengono amministrati dal governo danese, mentre gli Stati Uniti pagano un "affitto" di "cessione temporanea della sovranità", di 300 milioni di dollari annui. Negli ambienti economici sono note le iniziative di investitori statunitensi - tra i quali Jeff Bezos, Michael Bloomberg e Bill Gates - che starebbero supportando la Kobold Metals: con propri capitali con l'obiettivo di controllare i giacimenti di metalli preziosi utili all'industria dell'elettrico che sembra esistano sul territorio della Groenlandia come avrebbero accertato studi commissionati da questi gruppi economico imprenditoriali.
Trump si fa interprete di questi interessi anche se sa bene che l'unione europea e il governo danese intendano continuare ad esercitare la giurisdizione esclusiva sul territorio della Groenlandia e che non hanno nessuna intenzione di vendere. Ciò malgrado è certo che farà di tutto per concretizzare le sue mire e approfittare del potere residuale di un impero ormai al tramonto per utilizzare il territorio conteso per elevare i confini di una sorta di Vallo Atlantico da rendere insuperabile alla penetrazione economica e al controllo strategico dei propri competitors. Deve essere ancora stabilito in che modo verranno allocate dalla nuova amministrazione USA le risorse economiche disponibili per la regione, ma è evidente che vanno colmate delle lacune principalmente in termini infrastrutturali, di costruzione di mezzi navali con capacità operativa nell'artico e rompighiaccio e addestramento del personale e soprattutto di allocazione di risorse pubbliche e private.
Per ora sono note solo le iniziative in campo militare che concernano i progetti del Dipartimento della Difesa statunitense come quelli contenuti nel documento dell'esercito intitolato "Riguadagnare il dominio nell'artico" (Regaining Artic Dominance), mentre l'ultima pubblicazione dottrinale della Marina riguarda la strategia USA va implementato dalle Multi-Domain Task Force (MDTF), che fa riferimento ad un approccio interforze in sperimentazione da pochi anni, ma non ancora entrato nella dottrina militare americana, che potrebbe trovare nella regione artica una conferma della sua validità, anche considerando che gli Stati Uniti possono contare sull'aiuto degli altri paesi che gravitano intorno all'oceano Artico, che certamente dispongono di una rete infrastrutturale migliore e meglio articolata.
Ciò non toglie che assisteremo probabilmente a una dichiarazione della nuova amministrazione americana che definirà la Russia e la Cina come una minaccia per la sicurezza e la prosperità della regione Artica. Sarà perciò interessante vedere quanto i politici europei saranno capaci di intervenire a difesa degli interessi dell'unione europea, rivendicando i diritti dell'unione nel presiedere allo sviluppo dell'artico delle sue vie di comunicazione, dei territori che si affacciano su questo mare e in particolare del territorio della Groenlandia che che costituisce un'area privilegiata di interesse per l'Unione.

[1]Secondo la NASA, vi è stato un calo della copertura glaciale in media del 13,5% ogni dieci anni, tra il 1979 e il 2012, con una riduzione complessiva di circa il 40% nelle ultime quattro decadi. Confrontando la situazione tra il 1979 e il 2024 in milioni di metri quadri di ghiaccio; se nel 1979 erano 2.7, sono rimaste ghiacciate aree pari a 1.5; un declino pari al 60% della superficie ghiacciata.

La Redazione

https://www.ucadi.org/2025/01/25/una-nuova-frontiera-per-leuropa/
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