A - I n f o s

a multi-lingual news service by, for, and about anarchists **
News in all languages
Last 40 posts (Homepage) Last two weeks' posts Our archives of old posts

The last 100 posts, according to language
Greek_ 中文 Chinese_ Castellano_ Catalan_ Deutsch_ Nederlands_ English_ Français_ Italiano_ Polski_ Português_ Russkyi_ Suomi_ Svenska_ Türkçe_ _The.Supplement

The First Few Lines of The Last 10 posts in:
Castellano_ Deutsch_ Nederlands_ English_ Français_ Italiano_ Polski_ Português_ Russkyi_ Suomi_ Svenska_ Türkçe_
First few lines of all posts of last 24 hours | of past 30 days | of 2002 | of 2003 | of 2004 | of 2005 | of 2006 | of 2007 | of 2008 | of 2009 | of 2010 | of 2011 | of 2012 | of 2013 | of 2014 | of 2015 | of 2016 | of 2017 | of 2018 | of 2019 | of 2020 | of 2021 | of 2022 | of 2023 | of 2024

Syndication Of A-Infos - including RDF - How to Syndicate A-Infos
Subscribe to the a-infos newsgroups

(it) Italy, Federazione Anarchica Torinese: Tramandare il fuoco: Per un approccio libertario alla questione palestinese. Una critica a essenzialismo e nazionalismo III. (3/4) (ca, de, en, pt, tr)[traduzione automatica]

Date Wed, 2 Oct 2024 09:17:15 +0300


Il secolo che non vuole finire ---- Le radici del conflitto Arabo-Israeliano sono profondamente radicate nella storia del Novecento. Il progetto arabo-nazionalista e il progetto sionista si sviluppano all'interno delle dinamiche del nazionalismo che caratterizza l'inizio del novecento prima e dello scontro tra blocchi poi. ---- Il sionismo viene inizialmente considerato, a inizio Novecento, con sospetto da una rilevante parte delle comunità ebraiche europee le quali aspiravano a un'assimilazione, fosse tramite i mezzi delle democrazie liberali o tramite i movimenti rivoluzionari, entro le società europee.

Il progetto genocidiario, quasi pienamente compiuto, del fascismo tedesco, che sfruttò anche gli storici sentimenti antisemiti delle popolazioni dell'Est Europa, così come la collaborazione del fascismo italiano e francese, comportò la completa distruzione delle comunità ebraiche in Europa Orientale all'interno delle linee guida del General Plan Ost.8

Il fallimento delle democrazie liberali nel bloccare i piani genocidiari anche solo fornendo rifugio a chi fuggiva dalla Germania prima e dall'Europa poi, da ricordare il blocco dell'immigrazione ebraica nella Palestina mandataria imposto dalle autorità del Regno Unito nel 1939 o il caso dei profughi della SS St. Luis respinti dagli USA e rimandati a morire in Germania, così come l'abominevole approccio opportunista dell'URSS segnarono la fine dell'opposizione al sionismo entro quel che rimaneva di quel mondo Yddish superstite della Shoa. I sopravvissuti che provavano a tornare negli shtetl di origine venivano cacciati, quando non direttamente uccisi, dai polacchi, ucraini, lituani e russi che avevano occupato i villaggi depopolati. I venti di antisemitismo che soffiavano nella Russia staliniana, basti pensare alla costruzione del così detto Complotto dei Medici 9, non rassicurarono di certo i sopravvissuti, anche quelli più legati al movimento operaio, movimento in cui le masse ebraiche dell'Est Europa pure avevano espresso un grande numero di militanti.

Se le comunità ebraiche italiane e francesi, pur profondamente colpite dalla Shoa e dal collaborazionismo locale, poterono ancora trovare una casa al loro ritorno dai campi di sterminio così non fu per quel che rimaneva delle popolazioni ebraiche dell'Est.

Questa situazione pose le basi dell'emigrazione di massa verso il nascente stato di Israele.
Gli anni Venti e Trenta
Nel corso degli anni '20 e '30 si inizia a incancrenire lo scontro nell'ex regione Ottomana conosciuta come Palestina, sotto dominio britannico dal termine della Prima Guerra Mondiale.

Vi sono più fattori che contribuirono a questo. L'approccio del sionismo revisionista, che darà poi origine all'Irgun e al Lehi 10, si iscrive pienamente entro quella mistica del sangue e del suolo che in quegli anni permeavano il discorso politico europeo. Al contempo il sionismo socialista subisce il peso delle proprie contraddizioni: la forzatura di un progetto che fosse contemporaneamente classista e nazionalista ripiega sempre più verso forme di nazionalismo a tinte proletarie, ben esemplificate dalla direttiva del "Lavoro Ebraico" voluta dalla dirigenza del'Histadrut 11.

Questo non accade per qualche arcano complotto colonizzatore ma per una corrosione dei principi del classismo rivoluzionario che avveniva negli anni della reazione seguita allo slancio rivoluzionario post Prima Guerra Mondiale. Contemporaneamente il nazionalismo arabo prende forma e anche qua vediamo all'opera quella mistica del sangue e del suolo, d'altra parte le élite dei popoli colonizzati andavano a studiare nelle università delle élite dei colonizzatori. È sbagliato affermare che l'erodersi dei rapporti tra la popolazione araba e la popolazione ebraica della Vecchia Yishuv sia semplicemente figlia dell'emergere della Nuova Yishuv 12 sionista. Il pogrom di Hebron del 1929 colpì con ferocia i membri della comunità ebraica da sempre lì residente, una comunità ebraica della Vecchia Yishuv, antisionista per motivi di carattere religioso.

L'immigrazione ebraica nell'ex provincia di Siria Ottomana metteva in crisi l'idea di supremazia Araba in una terra pregna di un forte significato religioso data la presenza di Al-Aqsa / Monte del Tempio 13. Lo scontro tra due progetti nazionalisti nella stessa terra era inevitabile.

L'ambiguo colonialismo britannico
L'ambiguità del dominio coloniale del Regno Unito inasprì lo scontro. Se questo in una prima fase favorì l'immigrazione ebraica con la dichiarazione di Balfour, seguendo il razionale di insediare una popolazione vista come affine e funzionale allo sviluppo economico e al mantenimento del dominio coloniale, successivamente fece un dietro front limitando l'emigrazione ebraica e, in diversi casi, lasciando scannare i contendenti. Vi sono diverse spiegazioni, non mutualmente escludenti, a questo comportamento del governo di Londra. In primo luogo vi era l'uso del classico strumento del divide et impera: fintanto che arabi ed ebrei si ammazzavano tra di loro non se la prendevano più di tanto con il dominio coloniale. Secondariamente il sionismo si dimostra un progetto politico ben poco controllabile e strumentalizzabile: figlio del sentimento di rivalsa di una popolazione che da secoli subiva discriminazioni in terra europea e che vedeva crescere i sentimenti antisemiti anche in paesi fino a quel momento giudicati come relativamente sicuri - la Germania, l'Italia e l'Austria - aveva ben poco voglia di essere strumento dell'imperialismo di Sua Maestà.

Quello che doveva essere un matrimonio di reciproco interesse, condito da misticheggianti vagheggiamenti anglicani su Gerusalemme, celebrato da Lord Balfour divenne uno scontro tra le politiche coloniali del Regno Unito e il tentativo di creazione di uno spazio sicuro per le masse ebraiche che si sentivano sempre più strette nella morsa dei nazionalismi europei.
L'espulsione delle comunità ebraiche dai paesi arabi
Contemporaneamente iniziava il processo di espulsione delle comunità ebraiche dai paesi arabi. In Iraq il governo fascista di Rashid Ali al-Gaylani scatenò i pogrom - conosciuti come Farhud - del 1941. Se fino a quel momento il sionismo aveva avuto poca presa in una comunità ebraica, quella irachena, che puntava all'assimilazione, dopo il Farhud l'emigrazione verso il focolaio nazionale ebraico divenne una scelta obbligata per molti.

Nel Marocco, sottoposto alla dominazione coloniale francese e al controllo del regime di Vichy, le comunità ebraiche locali subirono una crescente ostilità che le spinse verso una quasi totale emigrazione verso il nascente stato di Israele. Simili situazioni si ebbero in Algeria, Tunisia, Yemen, Siria e Libano.

Questo processo di espulsione si ebbe a partire dagli anni '20 e fu originato da più fattori: le tradizionali forme di antisemitismo presenti in quei paesi furono esacerbate dai tentativi di ingegneria sociale del colonialismo europeo, soprattutto francese, il quale in Algeria concesse la cittadinanza agli appartenenti alla locale comunità ebraica, cittadinanza da cui erano esclusi gli arabi, e dall'emergere di un nazionalismo arabo che poneva l'accento sulla supremazia di un'identità araba e islamica sulle altre popolazioni locali.

Il 1948: il grande esodo palestinese
Gli eventi del 1948 che portarono alla convulsa nascita dello Stato di Israele, appoggiato dai capofila di ambo i blocchi ma osteggiato dal decadente impero inglese, provocò l'esodo di centinaia di migliaia di arabi di Palestina. Se i proprietari fondiari arabi e i ceti mercantili semplicemente spostarono i loro interessi in Egitto, in Libano e Giordania, i contadini rimasti senza terra e diseredati presero la via dei campi profughi.

Per comprendere il comportamento di USA e URSS bisogna tenere conto di come ambo le potenze avevano la necessità di ridimensionare l'impero britannico. Gli USA in nome dell'apertura di nuovi spazi commerciali e politici a cui avere accesso senza l'ingombrante mediazione di Londra e in continuità ideologica del progetto di autodeterminazione dei popoli in un quadro borghese caro a Wilson, l'URSS aveva ben presente che la classe dirigente del nascente stato israeliano, appartenente al sionismo socialista, era filo-sovietica e progettava di attirare Israele entro la propria sfera di influenza. La fine della monarchia filo-britannica in Egitto fece cambiare fronte all'URSS, che passò dal fornire armi agli israeliani al fornirle agli egiziani, giudicando il Cairo un partner più interessante. Il Regno Unito per tentare di mantenere il controllo di Suez si alleò con Tel Aviv nella disastrosa operazione del 1956.

Il cambio di campo dello stato Israeliano, da stato non allineato e con rapporti con ambo i blocchi, a stato inserito nel blocco atlantico si compì a partire da questo episodio.

La guerra dei Sei Giorni e la conquista di Gerusalemme
Gli anni '50 e '60 sono segnati da un continuo stato di tensione tra i vari paesi confinanti. Il tentativo nasseriano di unificare lo spazio politico arabo nella Repubblica Araba Unita14 avrà come suo fulcro l'opposizione allo stato Israeliano. Al di là delle pesanti contraddizioni interne al progetto, che fallirà nel giro di pochi anni, uno dei colpi finali fu dato dal fallimento del confronto sul piano militare con Israele. Il tentativo di attacco combinato delle forze arabe del giugno del '67 si concluse con un violentissimo attacco preventivo attuato dall'IDF che portò alla completa distruzione dell'aviazione egiziana, l'occupazione dell'intero Sinai, di Gaza, fino ad allora sotto controllo egiziano, e di buona parte del Golan e, soprattutto, alla conquista di Gerusalemme Est e della Cisgiordania, fino a quel momento rimaste sotto il controllo giordano.

La conquista di Gerusalemme è da considerarsi come un importante punto di rottura da un punto di vista culturale, dato il ruolo svolto da questa città per tutte e tre le così dette Religioni del Libro in quanto profezia sostanziatasi.

Per il sionismo religioso la conquista di Gerusalemme e Monte del Tempio fornì il carburante ideologico per la sua espansione, facendolo passare da movimento relativamente marginale a importante movimento di massa. Contemporaneamente il cristianesimo dispensazionalista 15 vide nella riconquista di Gerusalemme l'avverarsi delle visioni profetiche sulla fine dei tempi e l'avvicinarsi del Millennio.

Per parte del mondo islamico si trattò sempre di una profezia di fine dei tempi.

Israele/Giordania: un rapporto ambiguo
A partire dal periodo successivo alla Guerra dei Sei Giorni si creerà un sempre più ambiguo rapporto tra il regno Hashemita di Giordania, l'unica monarchia dell'area non spazzata via dalle rivoluzioni social-nazionali degli anni '50, e Israele. Ci sono diversi fattori da tenere in considerazione: la Giordania aveva mantenuto saldi rapporti con il Regno Unito e, tramite di esso, si era legata al blocco atlantico; cresceva la preoccupazione dell'élite giordana di fronte alla presenza di imponenti masse di profughi palestinesi che si organizzavano parallelamente allo stato giordano entro i confini di esso; il regno era interessato a mantenere il controllo, fonte di prestigio, di Al- Aqsa, di cui, comunque, mantiene, e manteneva già all'epoca, la custodia anche se questa è territorialmente inglobata da Israele.

La questione della scomoda presenza dell'OLP verrà risolta manu militari dalla monarchia con il Settembre Nero del 1970. Contemporaneamente verranno creati dei contatti ai vertici tra la monarchia giordana e il governo israeliano. La Giordania si allontanò così tanto dagli altri paesi arabi al punto che Re Hussein, alla vigilia della guerra dello Yom Kippur del '73, si recò personalmente e in segreto a incontrarare il primo ministro israeliano Golda Meir per informarla delle intenzioni egiziane e siriane, nel tentativo di sventare la guerra.

Proprio la guerra dello Yom Kippur vedrà il definitivo tramonto delle ipotesi arabe di vittoria militare contro Israele. Una guerra iniziata in una posizione di vantaggio, con un attacco a sorpresa su due fronti e l'impiego di innovative tattiche e armamenti che permettevano alla fanteria di tenere testa alle forze corazzate e di mitigare la superiori capacità aeree di Israele, venne completamente rovesciata in meno di due settimane: le divisioni corazzate siriane che avevano quasi sfondato sul Golan costrette a una poco dignitosa rotta; l'esercito israeliano a poche decine di chilometri da Damasco; la terza armata egiziana accerchiata dallo scavallamento del canale effettuato dagli israeliani, i quali giungevano anche a un centinaio di chilometri da una sguarnita Cairo.

Una pace armata
Se tramontarono le ipotesi egiziane e siriane di vittoria contro Israele tramontò anche l'idea israeliana, che aveva tenuto banco dalla fulminante vittoria del '67, di potere mantenere indefinitamente i vicini sotto scacco. Il processo di pace tra stati era così sbloccato. Furono questi gli eventi che portarono alla normalizzazione dei rapporti tra Israele, Egitto e Giordania, patrocinati dagli USA i quali attirarono l'Egitto di Sadat, e ancora più di Mubarak dopo l'omicidio per mano islamista di Sadat, nella propria sfera di influenza.

Il progetto nazionalista, seppure laico e socialista, dell'OLP adotta la retorica terzomondista tipica dell'élite delle nazioni subordinate che tentavano di ricavare il loro spazio sotto l'egida dell'URSS, e prende corpo dopo il completo fallimento degli stati arabi nel fornire una soluzione mediante la guerra alla questione palestinese. Ma anche il progetto dell'OLP non andrà a buon fine.

Il sostanziale fallimento dell'OLP è segnato dall'espulsione dalla Giordania nel settembre del '70, dal ricorso a una demenziale - e infame - strategia di attacchi contro la popolazione civile - non solo in Israele ma anche in paesi terzi - e dall'incapacità di reggere il confronto militare, anche in termini asimmetrici, con l'esercito israeliano. Il normalizzarsi dei rapporti con la Giordania e l'Egitto sotto l'egida statunitense lasciarono campo libero ai governi del Likud, giunti al potere in Israele a fine anni '70, per attaccare in profondità l'OLP in Libano, annullandone la capacità militare.

Virata a destra
Dalla fine degli anni '70 si vede lo spostamento a destra della politica Israeliana, sono gli anni dei rapporti stretti con il regime suprematista sudafricano e della nascita del movimento dei coloni, della collaborazione con le compagini fasciste dei maroniti in Libano. Nel corso degli anni '80 l'emergere dei movimenti millenaristi evangelici negli Stati Uniti fanno da volano al messianesismo ebraico. Se inizialmente il sionismo ultranazionalista e religioso è relegato in un angolo della politica israeliana nei successivi venti anni si assisterà alla crescente legittimazione dei figli politici del rabbi Kahane 16.

In questi anni sorge la questione degli insediamenti israeliani in Cisgiordania. Siamo di fronte a un fenomeno peculiare. Se inizialmente gli insediamenti nei territori occupati, attuati da organizzazioni del sionismo religioso, vennero gestiti ambiguamente dai governi labouristi, i quali li vedevano come possibile merce per scambi territoriali con i paesi vicini e una risposta alla perenne questione della profondità strategica 17, le organizzazioni dei coloni riuscirono a ricavarsi un sempre maggiore spazio politico. Quando a fine anni '70 il Likud, erede del Sionismo Revisionista, giunse al potere vi giunse grazie ai voti e alla mobilitazione dei coloni. Nel corso degli anni '80 e '90 le fronde più oltranziste di questi vennero comunque mantenute ai margini e un ulteriore giro repressivo avverrà dopo l'omicidio di Rabin nel 1994, omicidio compiuto da un kahanista. Dalle stesse file proveniva l'attentatore della Tomba dei Patriarchi.

L'omicidio di Rabin nei fatti segnerà la fine del processo di pace, molto contestato in campo palestinese in quanto eccessivamente sbilanciato verso Israele, e quella finestra di soluzione diplomatica che si era aperta in seguito alla Prima Intifada si chiuderà nel giro di pochi anni.

Specularmente in campo palestinese si assiste alla progressiva perdita di potere dell'OLP a favore di soggetti come Hamas e il JIP o Hezbollah in Libano. La fine della narrazione terzomondista ha lasciato spazio all'islamismo militante ispirato dalla controrivoluzione komeynista in Iran.

Questo processo è dovuto a più fattori: l'OLP ha puntato tutto sul processo di pace, ma questo, oltre a essere contestato per la sua impostazione generale si è interrotto; l'OLP assume sempre più il ruolo di polizia interna nelle aree sottoposte all'autorità dell'ANP (Autorità Nazionale Palestinese); l'OLP è, in definitiva, un partito corrotto e clientelare, più interessato a incassare i soldi degli aiuti internazionali e a piazzare cugini e nipoti dei dirigenti nei posti pubblici e nelle "baracche del potere" che a portare avanti le istanze politiche per cui è nato.

Nel corso degli anni novanta e duemila si assisterà al disimpegno Israeliano in Libano prima e nella Striscia di Gaza poi. Nel caso del ritiro, per decisione unilaterale, dalla striscia di Gaza attuato dal governo Sharon a metà anni duemila verranno demoliti diversi insediamenti dei coloni, causando una prima frattura tra un governo del Likud, per altro guidato da un falco, e il movimento dei coloni stesso.

Contemporaneamente il campo islamista palestinese colpirà ripetutamente i civili israeliani, con uno stillicidio di attacchi suicidi contro i mezzi di trasporto di massa e i locali pubblici.

La strategia di Sharon di disimpegnarsi da Gaza, lasciandola al governo dell'ANP, per impegnarsi a rafforzare gli insediamenti in Cisgiordania e contenere Hezbollah fallirà: l'OLP perderà le elezioni contro Hamas, aprendo una fase di guerra civile nel campo palestinese, e Sharon finirà fuori dai giochi, a causa di un colpo apoplettico che gli farà passare il resto della sua "vita" in stato vegetativo.

Le successive coalizioni governative israeliane, spostate sempre più a destra, avranno come obbiettivo principale il contenimento dell'Iran e di Hezbollah - il Partito di Dio libanese che non può essere considerato come un semplice proxy iraniano - e assicurarsi che in campo palestinese non emerga nessun soggetto in grado di opporsi a quello che si è oramai consolidato come un sistema di apartheid.

È impossibile affrontare in questa sede la complessa situazione del Mediterraneo Orientale degli ultimi 20 anni, dall'intervento statunitense in Iraq alle Primavere Arabe, dalla Primavere Arabe alla controrivoluzione islamista, dall'interventismo Turco in Levante alla mezzaluna sciita, in queste pagine: non lo faremo.

La strategia israeliana nel ventunesimo secolo
Per quanto riguarda la strategia israeliana delineatasi negli anni dieci del ventunesimo secolo basti dire che gli eventi del sette ottobre ne hanno segnato il fallimento, causando - per altro - una profonda frattura con gli USA.

Vale, però, la pena di provare a inquadrare l'evoluzione del quadro politico israeliano e palestinese in quelle che sono state le linee di tendenza degli ultimi quarant'anni a livello globale.

Innanzi tutto l'emergere di movimenti politici di ispirazione religiosa, Hamas e JIP in Palestina, il Kach e i suoi derivati in Israele, non è una peculiarità di quell'area geografica.

Il sionismo toranico-nazionalista, o Hardal, da non confondersi con altre correnti sioniste religiose storiche, nasce e si rafforza negli stessi anni in cui negli Stati Uniti si assiste all'imporsi nel campo politico repubblicano di movimenti evangelici di destra, quell'insieme di chiese carismatiche evangeliche che forniranno i voti per le presidenze Reagan e Bush, e in misura minore per quella Trump, e che sposterà estremamente a destra la politica statunitense. Il filo-sionismo della destra evangelica statunitense ha una base religiosa e si intreccia con gli interessi economici del comparto bellico USA. Per approfondimenti sul tema si rimanda al testo di Gorenberg citato in nota.

Questi movimenti, che in entrambi i casi hanno una composizione interclassista, emergono con forza negli stessi anni in cui il Neoliberismo si impone e vi è un significativo arretramento delle conquiste sociali dei decenni precedenti. In Israele questo significa lo smantellamento del forte stato sociale, la crisi di Kibbutz e Moshav, la perdita di voti per i partiti della sinistra, che hanno abbracciato il neoliberismo e in più non hanno portato a casa un processo di pace degno di questo nome. L'emergere di una dimensione religiosa da risposte in termini di salvezza davanti a un mondo che nel giro di pochi anni si è completamente ristrutturato.

Dal lato arabo-palestinese l'incapacità dei partiti socialisti e nazionalisti di portare effettivamente a casa un risultato decente, l'assunzione di politiche neoliberiste per accedere ai fondi del Fondo Monetario Internazionale, causeranno le stesse dinamiche. L'emergere di soggetti come Hamas e la JIP sono figlie del fallimento dell'OLP. L'assunzione di una prospettiva di stampo millenarista, comune sia ai partiti Hardal, che ai partiti Islamisti, l'atmosfera da costante fine dei tempi in cui al razionale delle decisioni prese dalle borghesie nazionali si intrecciano visioni religiose di stampo apocalittico, come ben dimostra l'importanza assunta dal Monte del Tempio / Al-Aqsa, sono la cifra di questi anni.

Allo stesso tempo in campo israeliano il governo Netanyahu per sopravvivere agli scandali, e alle conseguenti inchieste giudiziarie, causate dalle ingenti mazzette incassate dal primo ministro e dal suo diretto entourage politico e familiare, hanno portato il Likud a contare sempre di più sui partiti di ispirazione Hardal. Alla necessità di Netanyahu di sopravvivere politicamente e giudiziariamente si è unita la volontà dei partiti fascisti Hardalim di realizzare la sempreverde, per il fascismo, unione mistica tra popolo e governo. In quest'ottica si può inquadrare il tentativo di riforma giudiziaria, ovvero il tentativo di annullare l'indipendenza del potere giudiziario, tra i caposaldi dello stato liberale.

È una dinamica simile a quella della critica dalla destra bannoniana alla burocrazia federale negli USA che ha caratterizzato il primo periodo della presidenza Trump.

È, sopratutto, una dinamica speculare a quella della creazione di stati-partito a ispirazione religiosa che ha segnato gli ultimi trenta anni nel mondo islamico nel Levante.

Una qualsiasi possibilità di emancipazione passerà dalla necessità di farla finita con queste forze politico-religiose e con il sistema economico che le ha evocate e alimentate.

Non sarà l'appiattimento acritico verso il nazionalismo religioso, qualunque nazionalismo religioso o laico, anche quando questo si candiderà come bandiera degli oppressi, a fornire una via di uscita.

https://www.anarresinfo.org/27-09-tramandare-il-fuoco-presentazione-e-dibattito/
________________________________________
A - I n f o s Notiziario Fatto Dagli Anarchici
Per, gli, sugli anarchici
Send news reports to A-infos-it mailing list
A-infos-it@ainfos.ca
Subscribe/Unsubscribe https://ainfos.ca/mailman/listinfo/a-infos-it
Archive http://ainfos.ca/it
A-Infos Information Center