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(it) Italy, FDCA, Cantier #27: Le parole che veicolano il razzismo tra vecchie derive e nuovi presagi - Paola Perullo (ca, de, en, pt, tr)[traduzione automatica]
Date
Wed, 17 Jul 2024 09:38:24 +0300
Penso sia utile ricordare come certe idee, scaturite dal lungo lavoro di
propaganda nazifascista sulla questione della razza, furono veicolate
nella scuola, in modo impressionante. Le leggi razziali italiane del
1938, rivolte contro i "non ariani" che vivevano nel territorio
nazionale, soprattutto ma non solo la minoranza ebraica, e gli abitanti
delle colonie africane, furono esito di teorie biologiche e
antropologiche radicate nella cultura scientifica della prima metà del
Novecento, veicolate dalla manualistica scolastica e universitaria.
Sulla base delle leggi razziali di Norimberga del settembre 1935 e a
partire dal decreto ministeriale del 26 novembre 1935, venne
l'indicazione, esplicita e vincolante, di riferirsi al "sangue", per
definire l'appartenenza a una razza. Quindi, non più "razza ariana",
bensì persone "di sangue tedesco". E qui si compie il decisivo passaggio
a un concetto puramente mentale o psicologico di razza: la razza non si
definisce più tramite caratteri fisici visibili, ma è il sangue, vero
elemento distintivo della razza, che si "manifesta" nell'animo delle
persone autenticamente appartenenti alla razza e lo determina completamente.
E' questa l'essenza dell'ultima delle teorie razziali, la concezione
globalizzata della razza. Al posto di tratti come la lingua originaria,
la forma cranica, il colore dei capelli e degli occhi, i veri elementi
distintivi della razza nordica, erano ormai proprietà in ultima analisi,
"morali", come l'essere giudiziosi, pronti all'azione, creativi,
predisposti all'esercizio del comando, qualità tutte da mettere
prontamente a servizio del progetto nazionalsocialista di predominare il
mondo. Da un manuale scolastico dell'epoca si legge questa
definizione:"Ogni uomo ha uno stile proprio, razialmente determinato e
anche il tuo stile è l'immagine specchiata della tua anima razziale.
Che la tua lingua sia immaginifica o concettosa, piena di fantasia o
incline alle cose, vitale o asciutta, rilasciata o militarmente
succinta, dipende dalla tua disposizione razziale". Dunque, l'elemento
distintivo della razza diventa il sangue, che si manifesta nell'animo
delle persone. Hitler in persona definisce questo concetto in un
passo del Mein Kampf del 1935:" L'identità etnica del popolo o meglio la
razza, non ha dunque sede nella lingua, ma nel sangue".
Lo stato nazista aveva innanzitutto l'obiettivo di creare un Volk
tedesco, spiritualmente unito, forte e puro dal punto di vista della
razza. Ciò significava crescere dei bambini devoti al regime, tenaci e
fisicamente superiori, tutte qualità che richiedevano molto più del
semplice conformismo. I bambini dovevano possedere un senso di
appartenenza nazionale. Il regime nazista si occupò della questione sin
dalla presa del potere nel 1933.
Furono pubblicati nuovi libri di testo e iniziarono le epurazioni degli
insegnanti, a cui fu richiesto di unirsi alla Lega degli insegnanti
nazionalsocialisti.
Quasi un terzo degli insegnanti si iscrisse al partito. Ai bambini
veniva insegnato a dedicarsi totalmente alla comunità nazionale. La
scienza razziale era una componente importante del programma.
Razze inferiori erano considerate gli ebrei, gli slavi e i non europei.
I bambini venivano messi in guardia anche verso le persone
"problematiche", che minavano la compattezza del Volk.
Da notare che venivano considerati "problematici" anche quei bambini che
si ribellavano, con comportamenti oppositivi. Forza e ubbidienza erano
prerequisiti necessari al senso di appartenenza nazionale, al cuore
degli ideali nazisti del Volk. Un'antologia di letture per le scuole
elementari del 1937, conteneva il monito di Hitler alla gioventù:"...e
voi dovete allenarvi all'ubbidienza. Dovete imparare a essere forti, a
dare per scontato le difficoltà, senza mai arrendervi". I ragazzi
adolescenti potevano sentirsi importanti indossando un'uniforme,
marciando per le strade e organizzando attività socialmente utili, come
le raccolte per il Soccorso invernale.
Le ragazze invece dovevano diventare mogli e madri sane, prolifiche
nello sfornare bambini ariani per il Volk. Il regime insegnava alle
bambine la cura della casa e dei figli, oltre a impegnarle in esercizi
collettivi che avevano lo scopo di rafforzare il fisico in vista della
gravidanza. I giovani che si ribellavano venivano arrestati per
insubordinazione e spediti nei centri di detenzione e nei primi campi di
concentramento, dove in molti casi venivano sterilizzati. Se gli
psichiatri del regime ritenevano che i problemi di questi giovani
fossero endogeni, cioè difetti biologici o mentali, potevano essere
rinchiusi in vari istituti per sempre, oppure a partire dal 1939 venire
uccisi nei programmi di eutanasia.
Un destino che veniva deciso in base alla diagnosi degli psichiatri
nazisti. Se venivano diagnosticate cause esogene dovute a una cattiva
educazione, venivano riabilitati in appositi centri. Se la diagnosi era
genetica, un difetto di nascita, non venivano salvati. Tutto questo
dovrebbe servire a una rivisitazione dei processi ideologici che, in
un'epoca abbastanza recente, hanno visto nel giro di pochi anni, la
diffusione di idee espresse con un linguaggio estremamente disumano
nella scuola e nei campi di studio relativi alla pedagogia, alla
linguistica, all'antropologia e alla psichiatria. Sono processi lenti in
cui si comincia a modificare il linguaggio introducendo termini e
accezioni che riecheggiano teorie razziste, militariste e patriarcali.
Anche certe prese di posizione di Salvini sulla percentuale di alunni
stranieri nelle classi, possono essere molto pericolose. O posizioni
organiciste, molto presenti nella nostra epoca, per definire i disturbi
psichici come malattia genetica.
Per non parlare delle ideologie che vengono veicolate nel crescente
rapporto tra scuola e militarizzazione.
Ogni volta che c'è l'apologia di un capo si creano le condizioni del
razzismo.
Riferimenti bibliografici:
" Cultura della razza e cultura letteraria nell'Italia del Novecento a
cura di Sonia Gentili e Simona Foà"
" I bambini di Asperger di Edith Sheffer".
ilcantiere@autistici.org
https://alternativalibertaria.fdca.it
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